Reggio Calabria, sciopero e corteo dei migranti: “Non siamo braccia, ma uomini”

In provincia di Reggio Calabria, i migranti hanno deciso di indire uno sciopero dopo la morte di un loro connazionale investito. 

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Hanno deciso di scendere in piazza per protestare dopo che un loro connazionale di nome Gassama Gora era stato investito e stato ucciso a Gioia Tauro. L’investitore oltretutto non si era nemmeno fermato a prestare soccorso, ed era stato rintracciato qualche ora dopo dalle forze dell’ordine. È così i braccianti che vivono nella tendopoli di San Ferdinando hanno organizzato un corteo per chiedere non solo giustizia, ma anche casa, diritti e dignità. Ai microfoni dell’Ansa, uno degli organizzatori della manifestazione ha spiegato che “oggi nessuno va al lavoro perché un amico e fratello, dopo una vita di razzismo e sfruttamento, da quel razzismo è stato ucciso. La rabbia è troppa, non restare zitti, scendere in strada per ricordare Gora e lottare contro tutto questo è l’unica arma che ci resta”. 

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Reggio Calabria, sciopero migranti: lettera aperta alle istituzioni

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I migranti hanno inoltre scritto una lettera aperta alle istituzioni affinché morti come quella di Gora si possano evitare. Un episodio che evidentemente ha catalizzato la sofferenza di queste persone, costrette a una vita difficilissima e con un lavoro retribuito ben sotto il salario medio stabilito dalla legge.

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Per questo si legge nella lettera che “per tutta la giornata di oggi noi lavoratori della terra saremo in sciopero. Non troverete nessuno di noi nei campi, nei magazzini e nelle serre. Siamo stanchi di essere sfruttati e ammazzati dagli stessi che di giorno ci obbligano a lavorare senza contratti né garanzie nei campi, a vivere come animali e la sera ci tirano giù come birilli, perché la vita di un africano non conta. Non siamo braccia, siamo uomini”.