Era il 2 agosto 2004 quando la Società Sportiva Calcio Napoli venne decretata fallita dal tribunale civile del capoluogo campano. Una data che ha portato, oltre alla retrocessione in serie C1, altre conseguenze non proprio memorabili nella storia del club. Una fra tutte, il decadimento dello storico centro sportivo dove la squadra si allenava: il Centro Paradiso di Soccavo.
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Una memoria, quella del centro, che si lega inestricabilmente al Napoli anni ’80: quello dei due scudetti, della Coppa Uefa e, soprattutto, di Diego Armando Maradona. Prima che il campo d’allenamento diventasse un vago ricordo, sommerso com’è oggi da erbacce e sterpaglie d’ogni tipo, il Centro Paradiso era un punto di riferimento per la città e i tifosi, che qui si assiepavano per veder palleggiare il Pibe de Oro, Careca, Alemao, Carnevale e gli altri campioni dell’era del presidente Corrado Ferlaino.
Le proposte per salvare il tempio di Maradona dal degrado

Il simbolo di quell’epoca d’oro è oggi sommerso dal degrado. Finanche da sversamenti abusivi di rifiuti, tra materiali di risulta edili e amianto, come ci dice un abitante della strada. Da circa un anno e mezzo, un gruppo di residenti del quartiere ha quindi formato il comitato Centro Paradiso, per chiedere che la struttura venga riqualificata e restituita alla città come centro sportivo e aggregativo. “La nostra proposta è quella dell’azionariato popolare – dice ai microfoni di INews24.it Salvatore Cierro, uno dei referenti del comitato – ossia la creazione di un ente dove ogni cittadino possa acquistarne una singola quota.” Da pochi giorni, inoltre, lo street artist Mario Casti ha dipinto un enorme murale sulla parete di cinta esterna, ritraente Maradona con la figlia Dalma, in segno di speranza per la rinascita del tempio che fu del Pibe de Oro.
La strada è in salita, ma il comitato ha già cominciato a percorrerla. Primo passo: l’incontro con l’assessore allo Sport del Comune di Napoli, Ciro Borriello, che ha messo a disposizione del comitato l’Avvocatura Comunale per individuare gli interlocutori. Sì, perché a tutt’oggi non è ancora chiaro a chi appartenga il centro, che rimane una struttura privata: “Sappiamo che la proprietà è divisa tra quattro società – racconta Salvatore – due di Brescia, una di Roma e una di Napoli”, riconducibili alle presidenze d’epoca Ferlaino e Corbelli e coinvolte nel crack del 2004 che portò il Napoli in serie C. Non si sa, però, quali siano e, soprattutto, a quale tribunale sia iscritto il fallimento.
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L’avvocatura comunale di Napoli è ora impegnata nella ricerca del curatore fallimentare, affinché si possa risalire quanto meno al nome e alla ragione sociale delle proprietà coinvolte. Un percorso lungo di cui si stanno ora muovendo i primi passi.