
Ottantotto donne sono morte nei primi undici mesi del 2022: nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, questo numero brucia più che mai. Anche se la statistica è in lieve calo rispetto al 2021, ogni giorno in Italia muoiono donne, per mano di compagni, ex fidanzati, e addirittura padri o fratelli, figli.
Gli orfani di femminicidio in Italia
In Italia sono circa duemila gli orfani di femminicidio: una tragedia nella tragedia, se pensiamo a un figlio o a una figlia che resta senza madre. Oggi, 25 novembre 2022, è la Giornata internazionale dedicata alle vittime di femminicidio. Tante sono state le iniziative sociali e politiche per porre fine a questo fenomeno, ma c’è qualcosa che ancora non funziona.
Il quotidiano La Repubblica ha intervistato Valeria Valente, senatrice del Pd ed ex presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio: “Senza specializzazione della magistratura e delle forze dell’ordine sulla violenza contro le donne, la strage continuerà”, ha dichiarato.
Codice rosso
Questa legge è stata approvata il 19 luglio 2019 e mira a velocizzare il percorso della presa in carico delle donne che denunciano le violenze da parte della magistratura. Entro tre giorni la vittima di violenza viene ascoltata dal giudice. “Vuol dire, ed è meritorio, che gli uffici giudiziari non possano più lasciare le denunce abbandonate nei cassetti”, spiega Valente a La Repubblica.
Valente: “Serve personale specializzato”
“Ma non basta. Perché se poi quella denuncia finisce in mani non specializzate, di chi la violenza non sa leggerla e magari la sottovaluta, non ha formazione specifica, applica ancora quegli stereotipi che portano a non credere alle donne, la velocità di questa presa in carico è di fatto vanificata”.
Violazione del divieto di avvicinamento
Nella riforma del processo penale è stata inserita la norma che prevede l’arresto in flagranza per chi viola il divieto di avvicinamento. A La Repubblica, Valeria Valente spiega che “però le attuali pene correlate ai reati che compie chi viola quel divieto sono al di sotto della soglia che permette ai giudici di trattenere i violenti in carcere”.
Il braccialetto elettronico
Secondo Valente c’è una criticità nella possibilità di applicare i braccialetti elettronici. Durante il suo lavoro nella Commissione sul femminicidio al Senato ha rilevato che “è il meccanismo di applicazione del braccialetto ad essere così complicato da renderne difficile un uso massiccio. Richiede una capacità del giudice di leggere la pericolosità del soggetto e di credere alle denunce delle donne”. Il disegno di legge che prevedeva una semplificazione delle norme, delle ministre Cartabia, Bonetti, Carfagna, Lamorgese, Stefani e Gelmini, presentato nella scorsa legislatura non è stato approvato.
Centri di recupero e reddito di libertà
La misura prevede che il questore ammonisca gli uomini maltrattanti e lo indirizzi verso centri di recupero. “È una misura che funziona nel 30% dei casi. È qualcosa. Il problema: chi riesce a stabilire, davvero, quando un uomo non è più pericoloso? O quanto deve durare il suo percorso? C’è chi ha bisogno di sei mesi, chi di sei anni, chi deve continuare a frequentarli sempre. In questo caso ciò che manca è il monitoraggio”, spiega ancora Valente a La Repubblica.
Un altro tema è quello delle donne che dopo un periodo nella case rifugio hanno bisogno di una casa, di un lavoro, e di stabilità. Il reddito di libertà è nato proprio per questo ed è finanziato con un fondo di 15 milioni di euro. Si tratta di 400 euro al mese e secondo Valente è destinato a pochissime donne: “Secondo i nostri calcoli, di milioni ce ne vorrebbero 40. Con questi fondi è soltanto una misura di emergenza. Bisogna attuare percorsi di lavoro per le vittime di violenza, alloggi a prezzi umani. Soltanto così le donne possono ritrovare la loro libertà”.