“L’Italia è responsabile della morte di mio padre, mia figlia e mio nipote. Non possono prendere anche Eitan. Cosa mi è rimasto, capite?”. Ester Cohen Peleg, ex moglie del nonno accusato di aver rapito e portato in Israele il bambino sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, si è sfogata al termine dell’udienza a porte chiuse al Tribunale della Famiglia di Tel Aviv, dov’è ripreso il dibattimento.
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L’udienza continuerà stasera al termine dello Shabbat e si discuterà dell’affidamento di Eitan. Ester Cohen Peleg, nonna materna del piccolo, essendo arrivata di pomeriggio, non è stata ammessa in aula dalla giudice Iris Ilotovich Segal e per questa ragione si è sfogata con i giornalisti.
La donna, alla vista degli avvocati dei Biran, ha detto: “Io sono la nonna, siamo una famiglia in lutto. Abbiamo perso tre generazioni e adesso voi state distruggendo l’immagine di mia figlia”, riferendosi a Tal Peleg, la mamma di Eitan morta sul Mottarone.
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In aula erano presenti invece Aya Biran Nirko, zia paterna affidataria di Eitan, che si è rivolta al Tribunale di Tel Aviv per riavere il bambino, appellandosi alla Convenzione dell’Aja, e Shmuel Peleg, nonno paterno accusato di aver rapito il piccolo.
Come spiega l’Ansa, citando il portavoce di Ayra Biran Itay Ha Or, l’udienza “sarà centrata solo sulla questione della restituzione del bambino rapito, sulla base della Convenzione dell’Aja”. Non si discuterà quindi del bene del bambino, né del suo affidamento. Sarebbero stati sentiti da remoto anche alcuni esperti italiani.
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Or Nirko, zio di Eitan e marito di Aya, avevano affermato di temere la famiglia materna potesse fare una sorta di lavaggio del cervello a Eitan. Ma la famiglia israeliana ha risposto che “non si è trattato di un rapimento, considerato che il centro della vita di nostro nipote è in Israele”. In un’intervista al canale 12 della tv israeliana, Shmuel Peleg aveva detto anche che un giorno suo nipote lo ringrazierà per avergli salvato la vita.