Unhcr, l’Agenzia Onu per i Rifugiati, ha diffuso un nuovo rapporto intitolato “In questo viaggio, a nessuno importa se vivi o muori”.
Il documento, redatto in collaborazione con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) e dal Mixed Migration Centre (Mmc). Il lavoro è incentrato sulle estreme forme di violenze affrontate da rifugiati e migranti non solo in mare ma anche sulle rotte terrestri attraverso il continente africano, verso le coste del Mediterraneo.
Le persone che attraversano il deserto del Sahara sono più di quelle che attraversano il mar Mediterraneo, e si presume che le vittime siano il doppio di quelle che avvengono in mare. Il rapporto getta luce sui pericoli molto meno documentati e pubblicizzati che affrontano rifugiati e migranti su queste rotte terrestri.
I migranti scappano dai nuovi conflitti nel Sahel e in Sudan, dai cambiamenti climatici e dalle catastrofi nell’est e nel Corno d’Africa. Manifestazioni di razzismo e xenofobia che colpiscono rifugiati e migranti. In alcune parti del continente, i rifugiati e i migranti attraversano sempre più spesso aree in cui operano gruppi di insorti, milizie e altri attori criminali e dove sono diffusi il traffico di esseri umani, i rapimenti a scopo di riscatto, il lavoro forzato e lo sfruttamento sessuale.
Tra i rischi e gli abusi denunciati da rifugiati e migranti ci sono tortura, violenza fisica, detenzione arbitraria, morte, rapimento a scopo di riscatto, violenza sessuale e sfruttamento, riduzione in schiavitù, traffico di esseri umani, lavoro forzato, espianto di organi, rapina, detenzione arbitraria, espulsioni collettive e respingimenti. Tra i primi cinque luoghi in cui il rischio di violenza sessuale e di rapimenti a scopo di riscatto è più spesso segnalato c’è la Libia, seguita dal deserto del Sahara, dal Mali, dal Niger e dal Sudan.
Migranti attraverso i deserti, le bande criminali
Le bande criminali e i gruppi armati sono indicati come i principali responsabili di questi abusi, oltre alle forze di sicurezza, alla polizia, ai militari, agli ufficiali dell’immigrazione e alle guardie di frontiera. Nella sezione orientale della rotta, i militari e la polizia sono stati percepiti come i principali responsabili delle violazioni dei diritti umani dal 48% degli intervistati, contro il 20% e il 21% riportati rispettivamente nelle sezioni settentrionale e occidentale della rotta.
“Lungo la rotta del Mediterraneo – hanno commentato le organizzazioni – si registrano enormi lacune in termini di protezione e assistenza, che spingono rifugiati e migranti a proseguire in viaggi pericolosi. Il sostegno specifico e l’accesso alla giustizia per i sopravvissuti a varie forme di abuso sono raramente disponibili lungo le rotte. Il sostegno è ostacolato anche da finanziamenti inadeguati e restrizioni all’accesso umanitario. Aanche in luoghi chiave come i centri di detenzione informale e le strutture di accoglienza”.