
Nel processo sulla morte dell’ambasciatore Luca Attanasio, l’Italia ha chiesto per tutti gli imputati la pena del carcere come misura alternativa alla pena di morte.
Lo Stato italiano è parte civile, oltre che impegnato da tempo a livello internazionale contro le sentenze capitali. La richiesta è stata notificata durante l’udienza a Kinshasa, dedicata all’arringa delle difesa, che ha chiesto l’assoluzione per gli imputati.
Martedì il Tribunale militare aveva chiesto la pena di morte per i sei congolesi (di cui uno latitante).
Luca Attanasio, il padre al Corriere: “Siamo contrari alla pena di morte”
“Aggiungere morte a morte non serve a nulla, se non a portare altro dolore. Noi siamo contrati, Luca sarebbe stato contrario”. Queste le parole di Salvatore Attanasio, padre dell’ambasciatore, che è stato intervistato dal Corriere della Sera: “Siamo contrari alla pena di morte. Lo dicono la nostra Costituzione, il nostro senso civico, la nostra formazione cattolica. Sono gli stessi principi in cui si identificava nostro figlio. La pena capitale non potrà mai alleviare il dolore della nostra famiglia”.
Salvatore Attanasio ha spiegato inoltre: “Il pm in Congo ha sostenuto che non si è trattato di un agguato né di un tentativo di rapimento degenerato, come ricostruito inizialmente, ma di una vera e propria esecuzione”.
“Spero che il 25 maggio emergano aspetti chiarificatori”
E, come dichiara al Corriere, ci sarebbe un mandante. “Il 25 maggio, a Roma, è prevista l’udienza preliminare nei confronti di due dipendenti del Pam: confido che possano emergere molti aspetti chiarificatori”. Il Pam è il Programma alimentare mondiale dell’Onu che aveva organizzato la spedizione durante la quale venne ucciso Luca Attanasio.