
Anticipi delle pensioni per tutti o solo per categorie particolari, in modo da pesare di meno sulle casse dell’Inps? Un capitolo delicato della riforma su cui sta lavorando il governo Meloni che ha illustrato le ultime variazioni ai sindacati, a cominciare dalle donne.
I conti devono essere fatti salvaguardando obbligatoriamente il bilancio dell’Inps che ha chiuso il 2022 con un attivo di 1,8 miliardi ma secondo le ultime stime nel 2023 perderà quasi 10 miliardi. Inoltre da qui a due anni la spesa complessiva per le pensioni sfonderà quota 50 miliardi.
Ecco perché le richieste dei sindacati sul tema Opzione donna restano un tema caldo ma difficilmente risolvibile senza arrivare a compromessi. Fino al 2022 per poter accedere bisognava avere 58 anni per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le autonome con 35 anni di contributi. Ora la quota è salita a 60 anni per tutte, sempre con 35 anni di contributi, maturati alla data del 31 dicembre 2022.
Ma non è tutto, perché il governo Meloni ha anche ristretto il campo delle beneficiarie: solo caregiver familiari “che assistono, al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità”. Oppure invalide civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore o uguale al 74% o ancora le lavoratrici licenziate o dipendenti di imprese per le quali è attivo un tavolo di crisi aziendale. Quindi tre categorie, una platea decisamente limitata.
Donne in pensione prima con lo sconto per i figli, come funziona la riforma
Dopo i primi incontri interlocutori, il governo adesso rilancia un’altra opzione. Allargare a tutte le donne, non solo a quelle con piano contributivo pieno come era stato previsto dalla riforma Dini, la possibilità di anticipare la pensione di 4 mesi per ogni figlio.
Lo hanno confermato i sindacati dopo l’ultimo incontro tra il sottosegretario Claudio Durigon e le quattro sigle principali, Cgil, Cisl, Uil e Ugl. Ma è emersa anche la possibilità, da parte del governo, di modificare le norme previste dalla legge di Bilancio per Opzione donna con una retromarcia parziale.
Come ha spiegato il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri “la risposta arriverà nei prossimi giorni perché stanno dialogando con il Mef per reperire le risorse necessarie. Abbiamo ribadito che con il ripristino di Opzione donna, a fronte di un aumento di spesa per i primi 5 anni ci sarebbe poi un guadagno per le casse dello stato, considerando che le donne perderanno comunque il 30% della retribuzione”.