
Prima tappa del percorso sulla strada impostata dal governo Meloni per una riforma strutturale del tema pensioni che superi la Legge Fornero. E primi problemi ieri sul tavolo con uno scontro, per ora soltanto verbale, tra la ministra Calderone e i sindacati.
Un cambio di passo atteso da anni, su questo concordano tutti. Non però sui modi e sui tempi, anche perché allo stato attuale e con i conti alla mano non esiste la copertura finanziaria necessaria per finanziare la flessibilità in uscita. Questa è la richiesta primaria delle tre principali sigle sindacali ma anche l’intenzione delle forze di governo che puntano a superare di slancio la fatidica quota 67 anni d’età introdotta da Fornero.
L’ultima ipotesi sul piatto, quella disegnata dall’attuale governo, è Quota 103 che dovrebbe quindi permettere già quest’anno a coloro che hanno almeno 62 anni all’anagrafe e 41 di contributi di andare in pensione. Intanto però ci sono da coprire tutte quelle di chi lecitamente ha approfittato di Quota 100 e 102 dei precedenti governi, anche se in realtà la fetta di lavoratori aderenti è stata inferiore alle attese.
Sulla carta Quota 103 conviene più agli uomini che alle donne tra i lavoratori, perché saranno equiparati. Quindi un anticipo di 10 mesi per le donne ma di 22 mesi per gli uomini. Il calcolo è anche presto fatto sul peso della riforma: in dieci anni, 75 miliardi che sono ritenuti da tutti comunque eccessivi per le casse dello Stato.
Pensioni e quota 41, strada in salita: le richieste dei sindacati al governo sono precise
Il primo incontro tra le parti serviva a formalizzare la proposta e ad ascoltare le controproposte per arrivare ad un quadro definitivo della forma. Ecco perché insieme a governo e sindacato era presente anche Pasquale Tridico, presidente dell’Inps, che quei conti li dovrà fa quadrare. Con una prospettiva allarmante, perché nel 2050 il rapporto tra lavoratori e pensionati in Italia sarà di 1 a 1, praticamente insostenibile.
Come hanno raccontato le agenzie di stampa, la tensione al tavolo è salita di fronte ad una doppia richiesta da parte dei sindacati. Il primo affondo è stato di Pierpaolo Bombardieri, segretario della Uil che ha chiesto conto dei motivi per cui la piattaforma unitaria dei sindacati sulla riforma non è stata consultata. Ma la ministra Calderone ha replicato che al governo in realtà non è mai stata formalizzata una proposta.
Poi Maurizio Landini, suo omologo alla Cgil. Anche lui la ribadito che il confronto deve avvenire “sulla piattaforma che Cgil, Cisl e Uil hanno illustrato sia al governo a Palazzo Chigi che riconfermato qui”. Ma soprattutto ha chiesto modi e tempi precisi, perché la trattativa deve essere avviata al più presto.
A chiosa della giornata, la nota della ministra del Lavoro: “Serve un quadro chiaro e stabile di norme affinché i singoli possano scegliere come eventualmente provvedere a integrare gli assegni, con congruo anticipo e in maniera sostenibile. Si lavorerà per trovare meccanismi di ulteriore miglioramento dell’attuale normativa vigente per quanto riguarda, in particolare, la flessibilità in uscita specialmente in riferimento alle categorie più interessate da lavori usuranti”.
Prossimo appuntamento comunque già fissato: l’8 febbraio nuovo incontro per parlare dei temi legati al lavoro di giovani e donne.