Morte Rebellin, la dura accusa della moglie: “Me l’hanno fatto a pezzi dentro”

Morte Rebellin, la dura accusa della moglie: “Me l’hanno fatto a pezzi dentro”. Il campione era già in difficoltà prima dell’incidente

Il drammatico incidente del 30 novembre è ancora oggetto di un’inchiesta da parte della Procura di Vicenza e l’autopsia è in programma solo il 19 dicembre prossimo. Ma Davide Rebellin aveva cominciato a morire anche prima dello scontro fatale con il camion a Montebello Vicentino.

Morte Rebellin accusa moglie
Morte Rebellin, la dura accusa della moglie (ANSA)

Questo è il senso della dura accusa che la vedova, Françoise Antonini, ha affidato alle pagine del settimanale Oggi con un’intervista potente e drammatica. Secondo la donna, originaria di Montecarlo dove il campione di ciclismo ha vissuto a lungo, negli ultimi mesi c’erano grandissime difficoltà in casa.

Nel 2015 Davide era stato assolto del Tribunale di Padova per una doppia accusa, quella di essersi dopato nel 2008 prima delle Olimpiadi di Pechino (l’argento gli fu revocato) e quella di essere un evasore discale. Il suo trasferimento nel Principato infatti era stato messo nel mirino dall’Agenzia delle Entrate che gli chiedeva una somma ingente.

Allora in effetti era stato assolto, ma in realtà si trattava solo del primo grado come ha spiegato Françoise. “Pensavamo fosse finita, ma non era così. ‘Vedrai ci vorrà del tempo, ma vinceremo, abbiamo le prove’, mi ripeteva. Aveva portato i testimoni, tutti vedevano che viveva a Montecarlo, non riusciva a capire perché avesse perso”.

Così, la mattina stessa dell’incidente prima di uscire con la sua bici da gravel per tenersi in allenamento era passato in banca per un prestito. Sul conto non c’erano più soldi e aspettava una risposta. “Davide è stato trattato ingiustamente fino alla fine. Anche la sua morte è stata orribile e ingiusta”, racconta la donna.

Morte Rebellin, la dura accusa della moglie: una vita sempre troppo in salita

Françoise descrive un uomo tormentato, anche se non aveva perso la voglia di lottare. Aveva incontrato i suoi avvocati dopo aver perso il ricorso, ma a lei l’aveva nascosto pèer non farla preoccupare. Lui però si macerava in silenzio: “Me l’hanno fatto a pezzi dentro, prima di ucciderlo. Da quando l’ho conosciuto, ci sono sempre stati problemi, cause, avvocati. Tutto era ingiusto, e sottolineo ingiusto. Tutto questo accanimento è stato troppo”.

Nel privato, Rebellin era esattamente come in corsa. Un campione riservato, che non alzava mai la voce. Solo una volta l’ha visto piangere, ma poi ha fatto come quando scattava in bici e andava a vincere le sue corse: è ripartito, in tutti i sensi.

Françoise Antonini e Davide Rebellin
Françoise Antonini e Davide Rebellin (Facebook)

Continuare a pedalare, anche a 51 anni come ha fatto fino ad ottobre quando ha smesso per sempre la sua carriera da professionista. E la moglie racconta che la notte, quando dormiva, spesso sognava di tornare a vincere le Classiche in Belgio come nei giorni belli.

L’accusa di doping, una storia dubbia fin da subito, era stato il primo durissimo colpo e il resto è arrivato dalla causa ancora pendente con il fisco. Ora che non c’è più, quindi, il dolore è doppio.