
“La situazione è sicuramente preoccupante. Assistiamo a un continuo potenziamento degli eserciti e degli apparati militari nella regione sia da parte russa che, come risposta occidentale, da Stati Uniti e Stati Membri europei che hanno intensificato la fornitura di attrezzature militari verso l’Ucraina”. Con queste parole Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, ai microfoni di iNews24, racconta la situazione che si vive nel Parlamento europeo in queste ore di tensione per la crisi Russia-Ucraina.
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La Farnesina ha chiesto agli italiani che sono lì di rientare. Che aria tira nel Parlamento europeo?
“Vista la continua crescita di tensioni, provocazioni e manovre militari ai confini ucraini, ritengo che la Farnesina abbia fatto bene a diramare questo appello. In questi casi la priorità è la salvaguardia dei civili e del personale dispiegato in loco ed è quindi necessario adottare tutte le precauzioni possibili per evitare incidenti: si tratta di una scelta di buon senso che condivido completamente. Al Parlamento Europeo c’è una inevitabile fibrillazione e i deputati si confronteranno sulla risposta da dare alla Russia già durante la sessione plenaria di Strasburgo che si apre oggi. Gli europarlamentari che provengono da quei Paesi dell’UE che confinano con la Russia sono maggiormente esposti a una rinnovata e marcata postura aggressiva del Cremlino e vivono questa fase d’incertezza in modo comprensibilmente viscerale”;
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Come stanno vivendo questa situazione i parlamentari dei Paesi confinanti con la Russia?
“Conoscono bene la Russia e la sua leadership, anche storicamente, e sono consci degli effetti che un’invasione dell’Ucraina avrebbe su quegli Stati e sull’UE tutta. In generale ovviamente c’è grande preoccupazione per la situazione, che è alimentata anche dalla consapevolezza che questa crisi vada ben oltre la sola questione Ucraina. C’è infatti piena coscienza che, se dovesse fallire l’auspicabile mediazione, si accelererebbe anche quel processo che vede il continuo e sempre più solido rafforzamento dell’alleanza tra Mosca e Pechino, come peraltro esemplificato dal trattato bilaterale siglato lo scorso 4 febbraio che pone l’asse Sino-Russo in aperta contrapposizione con il cosiddetto “Occidente”. Il rafforzarsi di questo partenariato non può che creare ulteriore preoccupazione per l’Unione europea e l’Occidente tutto e, pertanto, occorrerà intensificare gli sforzi diplomatici per evitare contrapposizioni economiche o, peggio, militari. La guerra sarebbe una sconfitta per tutti. Da questo punto di vista desidero riprendere le parole di Papa Francesco che ha chiesto alla Comunità internazionale ogni sforzo per la pace”;
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Come valuta la situazione delle ultime ore?
“È sicuramente preoccupante. Assistiamo a un continuo potenziamento degli eserciti e degli apparati militari nella regione sia da parte russa che, come risposta occidentale, da Stati Uniti e Stati Membri europei che hanno intensificato la fornitura di attrezzature militari verso l’Ucraina. Prosegue inoltre la guerra ibrida di Mosca portata avanti con attacchi cyber, disinformazione e pressione economica. In questo contesto la diplomazia sembra faticare a trovare la chiave giusta per sbloccare una fase di dialogo che rimane di gran lunga l’esito più auspicabile. La recente telefonata tra Biden e Putin che molti speravano potesse essere risolutiva non sembra aver condotto a passi avanti sostanziali e i canali di dialogo con Mosca sono ormai ridotti al minimo, ma noi non demordiamo. Bisogna insistere per fare prevalere la ragionevolezza e scongiurare l’opzione militare che non è e non deve essere sul tavolo”;
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Nelle scorse settimane lei ha parlato di errori diplomatici e tattici commessi nel rapporto con la Russia. Quali sono?
“Paghiamo un carissimo prezzo per non aver ancora completato quel percorso che dovrebbe portare alla creazione di un’Unione per la Difesa europea e per quella mancanza di unità tra i diversi Stati Membri che risulta evidente dall’assenza dell’Unione europea dai principali tavoli negoziali di una crisi, quella Ucraina, che accade ai nostri confini e che dovrebbe dunque vederci come protagonisti assoluti. Ancora una volta gli sforzi diplomatici sono portati avanti principalmente da Washington, bilateralmente da altri attori quali il Regno Unito, e in formati che vedono la partecipazione e gli sforzi di taluni Stati Membri ma non dell’Unione in quanto tale. Eppure il contributo diretto di Bruxelles alla de-escalation sarebbe essenziale: l’UE, oltre ad essere un partner economico finanziario di primissima importanza, basti ricordare che a giorni voteremo un’ulteriore assistenza macro-finanziaria verso Kiev da 1,2 miliardi di euro, possiede anche quelle capacità di mediazione e prevenzione dei conflitti che sarebbero determinanti in circostanze come quelle attuali. Duole costatare però che allo stato attuale ci manchino ancora quei meccanismi decisionali rapidi ed efficienti e quell’unità d’intenti che può essere espressa solo da una vera Unione politica e che ci permetterebbe di realizzare appieno l’ambizione di essere un player geopolitico rilevante, in particolare in quelle crisi che ci riguardano direttamente“;
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Come si può risolvere la questione?
“L’approccio deve essere duplice: da un lato bisogna continuare a mobilitare tutte le capacità diplomatiche e negoziali di cui si è in possesso per riaprire quei canali di comunicazione che sono tanto essenziali in queste circostanze per poter arrivare a una de-escaltion progressiva della situazione. D’altro canto bisogna essere fermi nel ricordare a Mosca che qualunque azione avventata avrebbe un costo altissimo e porterebbe a immediate e forti ripercussioni, innanzitutto economiche, verso la Russia e la sua classe dirigente. Affinché questa deterrenza sia però credibile occorre ancora una volta che vi sia completa comunità di intenti tra tutti gli alleati occidentali. Mosca deve trovarsi davanti a un muro senza crepe altrimenti possiamo essere certi che cercherà di approfittare di ogni debolezza o cedimento che potrebbe intravedere da parte nostra“;
È possibile, secondo lei, che scoppi una guerra?
“Voglio innanzitutto sottolineare che una guerra non tradizionale è già in atto da tempo. Quella che ormai definiamo guerra ibrida, composta da attacchi cyber, disinformazione, propaganda e pressione economica, ha solo subito un’ulteriore intensificazione nelle ultime settimane, ma è qualcosa a cui assistiamo da anni. Se, invece, intendiamo un’invasione militare vera e propria continuo a pensare, pur non escludendola aprioristicamente, che questa ipotesi resti piuttosto remota. Voglio essere ottimista e comunque non vedo la convenienza per Mosca dal punto di vista strategico-militare di entrare in un conflitto che potrebbe protrarsi nel tempo coinvolgendo anche altri attori e che, semplicemente, non sarebbe sostenibile per l’economia russa, a fronte di possibili vantaggi strategici che, a differenza della situazione in Crimea, non sarebbero nemmeno così rilevanti”;
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Quindi c’è più preoccupazione di quella necessaria?
“Se l’intenzione di mettere in piedi una vera e propria invasione fosse reale, questa dovrebbe basarsi su un attacco lampo sferrato a sorpresa, e non quando tutti e proprio tutti se lo aspettano, con tanto di conti alla rovescia per una possibile azione militare russa. Continuo a credere si tratti di posture e dichiarazioni volte a rafforzare le posizioni in vista di negoziazioni che inevitabilmente a un certo punto dovranno esserci. In questi casi il problema è però un altro: quando gli eserciti sono schierati e la tensione è alta, spesso basta un errore di valutazione, un’incomprensione, per far scattare la scintilla e aprire un conflitto che le parti in realtà non vorrebbero. La storia è piena di esempi simili e questo fatto mi preoccupa molto. Ci troviamo di fronte a quello che nella teoria delle relazioni internazionali viene definito come “un classico gioco del pollo”, in cui si rischia di finire nello scenario peggiore per delle incomprensioni e, soprattutto, per l’impossibilità di accettare soluzioni di compromesso che potrebbero essere impopolari in chiave di politica interna”;
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Si spieghi…
“Quando ci si espone apertamente come fatto dagli attori coinvolti, soprattutto dal presidente Putin, può esser estremamente complicato fare marcia indietro senza subire dei contraccolpi considerevoli a livello di immagine e supporto, sia popolare che delle élites socio-economiche del Paese. Sarà pertanto necessario prevedere delle exit strategy che siano sì risolutive, ma che al contempo permettano a tutti gli attori coinvolti di arrivare a soluzioni sostenibili anche dal punto di vista dell’immagine. Pertanto, occorrerà mantenere aperti tutti i canali di comunicazione, per quanto pochi siano, al fine di permettere un costante flusso di informazioni volto ad evitare quel possibile tragico errore che potrebbe scatenare un’escalation militare, aprendo a un esito che sarebbe estremamente deleterio e pericoloso per tutti”.