
“La mia idea è creare degli ospedali Covid dove ricoverare i pazienti che non possono curarsi in casa ma non sono gravi al punto da dover stare in terapia intensiva. Questo è stato fatto in questi giorni in Gran Bretagna con i Nightingale hub, dal nome della persona che durante la fretta si dedicava agli ammalati”. Ai nostri microfoni, Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, spiega come potrebbe essere risolto il problema del sovraccarico degli ospedali.
Professore, si attende la circolare del ministero che potrebbe cambiare il criterio di conteggio dei pazienti Covid. È d’accordo a non contare più i ricoverati in ospedale per cause diverse che però risultano positivi al tampone?
“Credo che negli ospedali debbano essere considerati “Covid” i pazienti ammalati. Ciò non vuol dire nascondere gli altri pazienti, ma far lavorare bene le strutture”;
In che senso?
“Gli ospedali adesso sono sotto pressione perché hanno tanti pazienti positivi al virus ma sono ricoverati per disturbi di altro genere. Contandoli come Covid, diventano il 30% dei pazienti. Questa è la causa del sovraccarico negli ospedali. Anche perché i pazienti Covid necessitano di attenzioni particolari”;
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Ad esempio?
“Devono esserci percorsi diversi. Medici e infermieri devono assumere determinati comportamenti e i pazienti vanno isolati. Diventa un lavoro enorme che non corrisponde alle necessità cliniche”;
Come risolverebbe il problema dei pazienti non gravi che necessitano di cure in ospedale?
“La mia idea è creare degli ospedali Covid dove ricoverare i pazienti che non possono curarsi in casa ma non sono gravi al punto da dover stare in terapia intensiva. Questo è stato fatto in questi giorni in Gran Bretagna con i Nightingale hub, dal nome della persona che durante la guerra si dedicava agli ammalati. È diventato il simbolo dell’attività degli infermieri. In questi giorni a Londra stanno creando questi ospedali dedicati al Covid-19 dove verranno ricoverate le persone che non sono in condizioni così gravi da aver bisogno di stare in Pneumologia, Rianimazione o in Malattie Infettive, ma che non possono stare nemmeno a casa. Se riuscissimo a farlo risolveremmo il problema”;
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C’è la possibilità, secondo lei, di dover effettuare i richiami del vaccino periodicamente per tutti?
“Premetto che non è possibile prevedere il futuro, specie in questa pandemia dove non ci sono certezze. Un lavoro pubblicato sul New England Journal of Medicine mostra come con la terza dose gli anticorpi durano molto di più. Un’altra novità sempre di questi giorni viene da chi ha studiato la memoria cellulare: si è scoperto che le cellule hanno memoria del virus dai nove mesi a un anno. Non è passato ancora abbastanza tempo per poter dire con certezza che la terza dose dia un’immunità permanente. Sulla quarta dose stanno portando avanti un esperimento importante in Israele. Si sono accorti che gli anticorpi aumentano nuovamente. Sulla possibilità che si riduca la capacità di infettarsi non abbiamo ancora i dati. Tuttavia credo che per la maggior parte delle persone la terza dose possa bastare. Sicuramente non basterà ai trapiantati, perché vengono trattati con terapia immunosoppressiva e tendono a non formare anticorpi. Nel loro caso quindi, bisogna solo sperare nelle cellule e potrebbe essere utile fare una quarta dose. Il punto comunque, è far capire alle persone che la dose booster non è la somma delle altre”;
Si spieghi…
“Qualitativamente la terza dose attiva i meccanismi immunologici che sono stati preparati dalle prime due che che si possono magnificare con la terza. Non a caso non va somministrata troppo presto dalla seconda. Il tempo giusto è tre o quattro mesi”;
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Secondo lei quando si raggiungerà il picco dei contagi?
“Bisogna considerare la tendenza in due settimane almeno. Da tre giorni abbiamo una situazione sostanzialmente stabile. Vedremo oggi e nei prossimi quattro o cinque giorni se siamo in una fase di plateau o di discesa. Adesso è presto anche per parlare della diminuzione delle terapie intensive”;
Quando, secondo lei, il virus potrebbe diventare endemico?
“Dovremo avere misure di attenzione ancora per un paio di anni. Dipende tutto dalla variante Omicron, che è chiaramente meno severa ma non sappiamo perché”;
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Cosa intende?
“Non sappiamo cioè se Omicron è meno severa o se ha infettato in modo non grave perché ha incontrato gran parte della popolazione vaccinata. Essersi ammalati con Delta non protegge da Omicron, quindi se quest’ultima fosse associata a una malattia severa, probabilmente l’avremmo già vista”;
Com’è la situazione in Lombardia?
“I campioni sequenziati all’Istituto Mario Negri vengono da Bergamo Est. Sequenziando i tamponi abbiamo il 90% di casi Omicron. In totale, in tutta la Lombardia sono l’88%. Nelle nostre terapie intensive in questo momento abbiamo la maggior parte di casi Delta, tranne uno che è Omicron ed è ricoverato per un’altra malattia. Questa variante quindi, è molto diffusa ma presenta pochi casi gravi. È ancora presto per dirlo, ma se si diffonde rapidamente e causa una malattia leggera, non è necessariamente uno svantaggio”;
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Potrebbero arrivare altre varianti sempre meno severe?
“Normalmente le epidemie finiscono con un virus che si adatta all’ospite perché deve poter continuare a moltiplicarsi. Tutti i virus, dopo un certo numero di anni, tendono a diventare meno aggressivi rispetto alla severità della malattia”;
Eliminerebbe il bollettino quotidiano della Protezione Civile a favore di uno settimanale?
“Io sì. Non si tratta di nascondere o lasciar circolare persone che sono positive. Si tratta di non creare questo clima di terrore che fa ricadere l’attenzione del sistema sanitario nazionale verso Omicron trascurando tutto il resto. Abbiamo in rianimazione persone con varianti Delta quasi tutte non vaccinate che sottraggono al sistema sanitario nazionale la possibilità di curare tutte le altre malattie”;
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Cosa intende dire?
“L’attenzione del personale sanitario per un paziente di Covid è paragonabile a quella di dieci pazienti ricoverati per un altro motivo. Chi è in rianimazione per complicazioni o sorveglianza, rimane per tre o quattro giorni. Un paziente Covid invece, dai 20 ai 40 giorni, con un conseguente impegno da parte di chi lavora per lui di dieci volte superiore e con un consumo di tempo pari a 12 pazienti “normali”. Non vaccinarsi è un dramma. Stare in rianimazione per Covid potrebbe essere evitato, mentre chi viene ricoverato per altre patologie, non l’ha scelto. Questo crea problemi anche morali e sociali. Bisogna chiedersi fino a che punto dobbiamo ancora tollerare un’ingiustizia così grande nei confronti degli altri malati”;
Perché parla di problema morale?
“Abbiamo un impegno enorme del sistema sanitario nazionale dedicato a persone che decidono di non vaccinarsi e si pongono al rischio di aver bisogno di cure intensive e altre persone che invece hanno bisogno di interventi chirurgici, che vengono continuamente rimandate”;
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Cosa pensa della proposta delle Regioni di eliminare il tampone alla fine dei 7 giorni di isolamento per i positivi al Covid vaccinati e asintomatici?
“Sono d’accordo. Dopo tre giorni senza sintomi, se vaccinati con tre dosi, si può uscire senza tampone”.