Omicron in Sud Africa: i primi dati su ricoveri, efficacia vaccinale e reinfezioni

Due dosi di Pfizer hanno ridotto le ospedalizzazioni del 70% rispetto ai non vaccinati. Le reinfezioni sono più diffuse, ma anche in questo caso i vaccinati sono più protetti.

(Getty Images)

La più importante assicurazione sanitaria del Sudafrica ha reso noti i dati riferiti all’impatto sulla variante Omicron nelle prime tre settimane. Lo studio non è stato pubblicato, ma i dati sono stati resi noti dalla compagnia sanitaria stessa, che conta 3,7 milioni di persone, di solito soggetti mediamente più sani. 

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Su 211mila positivi ne hanno attribuiti ad Omicron 78mila da confermare, cioè molti sono casi ancora da sequenziale ma che si sospetta siano Omicron. Il 41% della platea era vaccinato con 2 dosi di Pfizer e il risultato è incoraggiante: il vaccino ha ridotto la possibilità di ricovero al 70% rispetto a chi non era vaccinato. La protezione è risultata simile in varie fasce di età, anche se un po’ meno alta dopo i 60 anni (60-69 del 67% e 70-79 del 59%). Il dato della minore protezione degli anziani potrebbe essere dovuta all’indebolimento della copertura vaccinale dopo alcuni mesi e alla mancanza della terza dose.

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I dati mostrano anche che la malattia dura di meno, circa tre giorni, quindi è più lieve. Ma ci sono molte più reiezioni di persone guarite o vaccinate. Il rischio di reinfettassi è del 40% per chi si era ammalato con la variante Delta. I vaccinati hanno comunque il 33% in meno di probabilità di infettarsi rispetto ai vaccinati. Anche le morti sono più basse rispetto alle ondate precedenti. 

L’unica nota di preoccupazione riguarda i bambini. La maggior parte di questi ultimi accusa sintomi lievi, ma i confronti con la prima ondata registrano un 20% in più del rischio di andare in ospedale, che però è simile alla Delta. I dati fanno riferimento al Sudafrica, dove il tasso di vaccinazione è al 26% e la terza dose quasi non esiste.