
“Abbiamo davanti un fenomeno paragonabile a quello mafioso, quanto a modalità, violenza, minacce, soprusi, meccanismi come la paura, l’isolamento, l’omertà“. Teresa Manente, avvocata responsabile dell’Ufficio Legale dell’Associazione Differenza Donna Ong, associazione contro la violenza alle donne che gestisce il numero nazionale 1522 e 24 luoghi tra Roma e provincia tra sportelli centri antiviolenza e case rifugio a Roma e provincia e in Campania, ai microfoni di iNews24 mette in evidenza la necessità di investimenti economici da parte dello Stato, per contrastare efficacemente la violenza maschile contro le donne. “Lo Stato deve farsi carico di questo problema sociale che viola i diritti umani delle donne e dei bambini e bambine. Un fenomeno che è un fatto storico, frutto di una cultura che discrimina le donne e che tutti i giorni affrontiamo”.
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Avvocata, i dati del Viminale dal primo gennaio al 21 novembre di quest’anno registrano 109 donne morte per mano di un uomo. 93 uccise in ambito familiare ed affettivo, 63 per mano del compagno o di un ex. Rispetto al 2020 i femminicidi sono aumentati dell’8% (qui i dati completi).
“La violenza maschile nei confronti delle donne deve essere affrontata come un fenomeno strutturale della società e quindi bisogna agire su più piani, non solo su quello legislativo come invece si tende a fare. Aver aumentato le pene infatti, come abbiamo visto, non è bastato. Le leggi attuali sono adeguate a dare protezione alle vittime e prevenire fatti ancora più gravi di violenza e i femminicidi ma non vengono applicate. C’è bisogno di fondi economici per fare formazione agli operatori sociali, medici, polizia, insegnanti, operatori di giustizia, servizi sociali e tutti coloro che incontrano le donne che decidono di ribellarsi alla violenza maschile. Occorre ampliare i finanziamenti ai centri antiviolenza e alle case rifugio specializzate nell’accoglienza e ospitalità delle donne vittime di violenza”;
Su cosa in particolare si dovrebbe investire?
“Su campagne di sensibilizzazione verso questo problema contro stereotipi e pregiudizi discriminatori, che sottendono la cultura patrIarcale, radice storica della discriminazione delle donne e del potere dell’uomo sulla donna nelle relazioni di intimità”;
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In che modo dovrebbe avvenire la sensibilizzazione?
“Modificando i libri scolastici a partire dalle quelli della scuola elementare pieni di pregiudizi e stereotipi di genere. Inoltre, tutta la società dovrebbe assumere consapevolezza della gravità del problema culturale che tocca tutte e tutti nessuno escluso e lanciare il messaggio univoco di condanna, tolleranza zero verso questo fenomeno, nessuna giustificazione, altrimenti non sarà possibile contrastarlo efficacemente”;
Come fare a sensibilizzare verso la tolleranza zero da parte della società?
“I femminicidi rappresentano l’apice del fenomeno, quindi vanno prevenuti. Nell’ambito domestico, ma anche in generale nelle relazioni di intimità, il femminicidio è sempre preceduto da atti di violenza anche solo psicologica ma non per questo meno grave di quella fisica. Bisogna credere alle donne, credere alle loro paure”;
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Le loro denunce vengono sottovalutate?
“Come dimostrano i risultati della Commissione di inchiesta sui femminicidi resi pubblici ieri nella stragrande dei casi nei tribunali civili e per i minorenni la violenza domestica viene confusa con il conflitto coniugale, non emerge, non si legge. La Commissione, ha analizzato 211 fascicoli di femminicidio avvenuti negli anni 2017- 2018 ed emerge che il 15% di donne uccise che avevano già denunciato, avevano dichiarato di aver paura per la loro incolumità, ma le loro parole sono state sottovalutate. Le donne quando decidono di denunciare trovano moltissimi ostacoli nell’ambito anche civile per l’affidamento dei figli sempre e comunque esposti alla violenza del padre. In questo ambito troppo spesso emergono stereotipi e pregiudizi di genere che colpevolizzano le donne e non riconoscono la violenza del partner, mettendo la madre che ha subito violenza sullo stesso piano del padre che l’ha commessa”;
Codice rosso funziona?
“Con il Codice rosso, per l’ambito penale, la donna viene sentita subito a sommarie informazione dalla polizia giudiziaria e si sono accorciati i tempi per l’emissione di una misura cautelare quando esistono i presupposti. Ma non basta perché quando una donna denuncia entra in gioco anche l’ambito civile, se madri”;
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In che modo si potrebbe migliorare?
“Come prevede la ConvenzIone di Istanbul, i figli devono essere protetti dal pericolo di reiterazione di reato sempre presente nelle situazioni di maltrattamenti. Occorrono provvedimenti immediati di sospensione della responsabilità genitoriale del padre fino a quando lo stesso non prende consapevolezza dell’illeceità e gravità della sua condotta. Occorrerebbe come per l’ambito penale, serve una corsia preferenziale anche nel civile“;
La violenza di genere coinvolge anche i minori?
“Certo, come per gli ultimi femminicidi che ci sono stati. I padri puniscono le donne uccidendo anche i figli. Un padre violento non risparmia neppure loro, perché esercita la presunzione di potere assoluto sulla sua famiglia.
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L’impianto normativo è sufficiente anche per tutelarsi dalla violenza psicologica?
“La violenza psicologica rientra tra le manifestazioni di esercizio di potere e di possesso nei confronti delle donne. Per il codice penale la violenza psicologica reiterata rientra nei maltrattamenti, ma viene sottovalutata. Costringere una donna a non lavorare, distruggerle i fascicoli del suo lavoro se è una libera professionista, o non permetterle di frequentare amici, i parenti, sottrarle l’auto per accompagnare i figli a scuola, renderle la vita dolorosa e limitare la sua libertà di autodeterminarsi, sono fatti gravi spesso sottovalutati e considerati come esercizio di potere e di controllo maschile. Non necessariamente la violenza maschile si esprime solo con violenza fisica”;
Le donne denunciano più di prima?
“Solo ieri al 1522 abbiamo ricevuto 400 telefonate, a dimostrazione che più si parla di violenza maschile contro le donne, più le donne chiedono aiuto e il fenomeno non resta sommerso. Bisogna parlare tutto l’anno della violenza di genere perché è un problema sociale che coinvolge diritti umani”;
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Capita che dopo aver denunciato una violenza violenza, vengano ritirate le denunce?
“La possibilità che una donna ritiri una denuncia esiste e non vengono emessi provvedimenti che proteggano lei e i suoi figli e che le permettano di iniziare il nuovo cammino di vita lontano dalla violenza. Ricordo che nella stragrande maggioranza dei casi i partner violenti non versano l’assegno di mantenimento ai figli minorenni”.