Michele Merlo poteva essere salvato? Le novità dell’inchiesta sulla morte del cantante lanciato da ‘Amici’ possono aprire filoni diversi
Sono passati più di cinque mesi dalla tragica morte di Michele Merlo, il giovane cantante lanciato da ‘Amici‘ di Maria De Filippi. Una vicenda dolorosa e improvvisa che ha commosso tutta l’Italia, ma adesso arrivano novità importanti dall’inchiesta aperta dalla procura di Bologna.

Michele è morto per un’ischemia cerebrale causata da una leucemia fulminante, come ha stabilito l’autopsia. E dubbi erano sorti subito, dopo che il ragazzo si era presentato al Pronto Soccorso di Vergato il 2 giugno, quattro giorni prima della sua morte. Sospetti che in realtà sino stati fugati da tutti gli accertamenti, come spiega ‘Il Corriere della sera’.
I rilievi effettuati dai carabinieri del Nas non hanno infatti riscontrato responsabilità dei medici, almeno quelli che hanno seguito il ragazzo nei suoi ultimi giorni di vita. Ma c’è il sospetto che qualcuno, nelle settimane precedenti, abbia sottovalutato quanto gli stava succedendo.
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Michele Merlo poteva essere salvato? La ricostruzione dei suoi ultimi giorni di vita
Come riporta il quotidiano, “i medici sarebbero potuti intervenire con esiti diversi in epoca precedente”, secondo quanto afferma la procura di Bologna. L’inchiesta passerà adesso alla procura di Vicenza, concentrandosi soprattutto su quello che è successo a Rosà e Cittadella.
Perché se entro il 27 maggio Michele Merlo fosse stato sottoposto ad esami del sangue accurati, avrebbero potuto essere rilevati i segni di una “emopatia acuta“. E questo avrebbe determinato il suo immediato ricovero, perché quella patologia ha una cura specifica. E gli esperti dicono che le probabilità di sopravvivenza erano superiori all’80%, come confermano le statistiche.
Cosa era successo in quei giorni, lo ha raccontato il padre di Michele al ‘Corriere’. Il 26 maggio suo figlio si era presentato al Pronto soccorso di Cittadella lamentando dolori e uno strano ematoma alla gamba. Un’attesa di tre ore senza esami e così era tornato a casa. Poi però aveva mandato una foto del suo ematoma allo studio del suo medico di famiglia di Rosà. Da lì gli risposero scocciati e poi quando si presentò, un altro dottore gli fece solo un massaggio con una pomata. Ecco perché l’inchiesta dovrà accertare eventuali responsabilità pregresse.