“La terapia al plasma iperimmune è servita da apripista rispetto agli anticorpi monoclonali”, spiega Fabrizio Pregliasco ai microfoni di iNews24. Il direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, virologo e docente dell’Università degli Studi di Milano ricorda il professore Giuseppe De Donno come “un collega professionale. Ci siamo incontrati in alcune trasmissioni televisive e io, ricordo, ribadivo il mio stupore per il fatto che ci fossero fazioni pro e contro il plasma, mentre nella fase sperimentale invece, va provata qualsiasi strada”.
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Professore, dopo la morte del professore Giuseppe De Donno, che ha portato in Italia la terapia anti-Covid con il plasma iperimmune, è tornato attuale il tema della sua presunta efficacia. In cosa consiste questa terapia?
“La terapia con il plasma iperimmune è una metodica storica che in alcune situazioni ha dato buoni risultati, mentre in altre, come nel caso del Covid o dell’ebola, no. Nella fase iniziale della pandemia è stato importante provarla, perché grazie a una metodologia di raccolta standardizzata è servita anche alla valutazione delle caratteristiche degli anticorpi prodotti. È stata apripista rispetto agli anticorpi monoclonali, che sono sostanzialmente una scelta tra i tanti anticorpi che il nostro organismo produce naturalmente”;
In cosa si differenziano la terapia con il plasma iperimmune e quella con gli anticorpi monoclonali?
“Noi produciamo anticorpi specifici per tante parti del virus. Però alcuni non sono rilevanti e altri sì. L’anticorpo monoclonale è quello più efficace, che viene scelto e prodotto in laboratorio”;
Entrambe, pare, sarebbero utili nella prima fase della malattia…
“Il plasma ha dato risultati nella fase iniziale, però non giustificanti l’applicazione su base generale. Gli studi che stiamo effettuando sugli anticorpi monoclonali agiscono sulla quantità di virus che si replica nella prima fase della malattia”;
La battaglia del professor De Donno per portare avanti la terapia al plasma iperimmune aveva suscitato molte polemiche e diviso l’opinione pubblica. Sui social era molto seguito, in particolare dai no vax, motivo per cui aveva deciso di allontanarsi dal mondo del web. Lui infatti, era a favore dei vaccini…
“Non l’ho conosciuto in via diretta ma ci siamo incontrati in alcune trasmissioni televisive. Io ribadivo il mio stupore per il fatto che ci fossero fazioni pro e contro il plasma. In una fase sperimentale però, si deve percorrere qualsiasi strada. Il plasma andava provato perché non è una cosa campata in aria ed è infatti servito come elemento di sviluppo. Il collega De Donno era un pro-vax assolutamente confermato. I no vax credono che la terapia con il plasma iperimmune non sia andata avanti perché costa poco e non giova alle case farmaceutiche. Ma in realtà non è vero, perché prevede costi di produzione e un’attenzione particolare al prodotto, che è delicato”;
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Qual è il suo ricordo del professor Giuseppe De Donno?
“Era un collega professionale. Questi gesti estremi sono terribili e chissà quale sofferenza avesse dentro di sé. Quello che è successo è doloroso, ma credo che in questo momento sia utile rispettare nel silenzio la sua decisione estrema senza fare congetture”;
Secondo Anthomy Fauci, a causa della variante Delta, ora abbiamo a che fare con un virus diverso, con capacità più efficienti di trasmissione che può contagiare anche i vaccinati. Questi ultimi poi, loro volta questi possono contagiare.
“Ad oggi i dati dicono che i vaccini coprono all’88% circa e i soggetti che si infettano sono asintomatici. Negli Usa torneranno ad indossare le mascherine. Questo virus ci ha insegnato che serve prudenza e che dobbiamo essere flessibili rispetto alle opzioni da prendere in considerazione. Dobbiamo guardare con attenzione agli Stati che hanno riaperto prima di noi, perché quello che sta succedendo a loro, si ripeterà da noi”;
Quanto è contagioso un vaccinato positivo alla variante Delta?
“Sulla variante Delta c’è qualche studio inglese. Alcune considerazioni ci dicono che, come nel caso della variante Alfa, il vaccinato ha una carica virale inferiore. Secondo le stime, il virus originale aveva un valore di R0 di 2.5, mentre nel caso della variante Delta si stima un R0 di 7. Quindi il 50% in più della variante Alfa”;
Quanto è efficace il vaccino?
“Come ho detto, all’88%. Ma il risultato molto importante che sfiora quasi il 100% è l’impatto sul rischio morte, che è quello che ci interessa. Siamo in una fase in cui dobbiamo convivere con il virus e se manterremo questi livelli di efficacia, noi riusciremo a non avere la pressione sugli ospedali che abbiamo visto in passato”.