“Si tratta di eventi talmente rari che si fa fatica a trovare una plausibilità biologica. Per cui, al momento il giudizio circa un nesso di causa – effetto tra i vaccini e questi incidenti è sospeso”. Con queste parole Giovanni Di Perri, responsabile delle malattie infettive dell’ospedale Amedeo di Savoia di Torino, commenta la momentanea sospensione in via precauzionale negli Usa del vaccino di Johnson & Johnson.
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Le autorità sanitarie americane hanno momentaneamente sospeso il vaccino di Johnson & Johnson, citando il rischio, raro, che possa causare trombosi.
“Si tratta di 6 casi di trombosi del seno venoso cerebrale su circa 7 milioni di vaccinati. Le statistiche parlano di un’incidenza di 3 o 4 casi per 1 milione di abitanti senza vaccini. Noi abbiamo in Europa 44 casi su 9,2 milioni per un’incidenza di circa 4,8 per milione. I dati inglesi sono vicini a 1,8 per milione e se sono questi e non c’è altro, si sarebbe a 1 su un milione, che è una percentuale minore dell’incidenza spontanea. Il dato di uno su un milione circa, è riferito a Johnson & Johnson. Si tratta di eventi talmente rari che si fa fatica a trovare una plausibilità biologica. Per cui al momento, il giudizio circa un nesso di causa – effetto tra i vaccini e questi incidenti è sospeso, non viene ammesso. C’è un’associazione che statisticamente sfiora la superiorità nel caso della raccolta dei dati europei, ma che altrove si è comportato anche meglio. In una persona che ha più di 60 anni, il rischio di morire di Covid è 640 volte maggiore. Nel calcolo rischio – beneficio questo va considerato”;
Secondo lei con Johnson & Johnson c’è il rischio che succeda la stessa situazione di Astrazeneca?
“Johnson & Johnson ha delle similitudini con Astrazeneca. Sono entrambi vaccini che anziché avere le cosiddette vicende lipidiche che portano dentro il segmento genetico che è una copia del pezzo di virus che codifica per la sua proteina di superficie, lo stesso segmento viene portato dentro da un vettore virale, cioè un carrellino che è un virus azzoppato. Nel caso di Astrazeneca è un virus di scimpanzé, nel caso di Johnson & Johnson è un virus umano che viene privato della capacità di replicarsi. Il virus penetra le cellule, scarica il materiale genetico sulla base del quale la nostra cellula, usandolo come stampo, produce questa proteina contro cui poi noi ci immunizziamo”;
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Quali sono le differenze tra i vaccini?
“L’incidenza della trombosi nel seno venoso cerebrale nei vaccinati Pfizer e Moderna è 0,2 per un milione. Su questa base si ritiene che forse la natura adenovirale, cioè il vettore che usa l’adenovirus, è una differenza sostanziale che c’è. Oltre al fatto che Astrazeneca e Johnson & Johnson, a differenza di Pfizer e Moderna, portano dentro il dna che poi la cellula trasforma rna e poi da lì nasce la proteina. Pfizer e Moderna invece, portano direttamente l’rna messaggero”;
Professore, ieri in Italia erano attese 184mila dosi di vaccini Johnson & Johnson che non sono arrivate. L’azienda, in accordo con l’Ue, ha deciso di rinviare le consegne in via precauzionale. La campagna vaccinale potrebbe subire un rallentamento?
“Non c’è dubbio che si assisterà a un rallentamento dell’arrivo dei vaccini. La campagna vaccinale non è mai giunta al regime desiderato. In Piemonte sabato abbiamo raggiunto il record dei vaccini e in generale, in Italia stiamo andando avanti, ma adesso le dosi stanno finendo. Quando i vaccini ci sono, noi li somministriamo. Contavamo di partire anche con Johnson & Johnson e questo è un altro piccolo passo indietro. In questo momento il grosso del problema è la fornitura. Non soltanto per avere i vaccini nei prossimi dieci giorni. Il problema inizia a palesarsi in un panorama di forniture che potrebbe zoppicare se queste cose continueranno a succedere”;
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In questo modo si potrebbe prospettare l’arrivo di una nuova ondata dopo l’estate?
“Adesso l’estate è ancora lontana. Mi auguro che tutte le linee produttive rispettino gli arrivi delle dosi, mantenendo il numero delle consegne promesse. Se arriva Curevac e se verrà riammesso Johnson & Johnson su valori non dissimili ad Astrazeneca, vedremo cosa succederà. Questi sono gli effetti collaterali di una ricerca e di una realizzazione comunque fatta in breve tempo. Il pericolo non è tanto la quarta ondata perché ci sono poche persone vaccinate”;
Cosa intende dire?
“Questo virus, come tanti virus, nel moltiplicarsi, sbaglia spesso. Quando l’errore comporta una proprietà nuova come la variante inglese, che riesce a trarre vantaggio dalle circostanze, questa sostituisce il virus originale. Cosa potrebbe succedere adesso? Abbiamo più di un quarto della popolazione che è stata immunizzata o attraverso il superamento dell’infezione spontanea, oppure attraverso la vaccinazione. Potrebbe però arrivare una nuova variante in grado di eludere gli effetti della vaccinazione. Se non facciamo in fretta e soprattutto se non riusciamo ad abbattere drammaticamente la quantità di virus circolante (questo sta a noi cittadini), rischiamo che il Sars-Cov-2 trovi la variante che supera l’immunità dell’individuo e quindi a questo saremo punto e a capo”;
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Pensa che sia possibile ricominciare gli eventi in estate adottando il sistema dei tamponi?
“Da novembre predico il tampone per riaprire certe attività. Effettivamente non ho mai sentito una voce governativa che lo prenda in considerazione. Altrove hanno fatto così e fanno così. L’ipotesi potrebbe essere riaprire a chi ha un “patentino” dove è certificato che o ha avuto l’infezione e l’ha superata oppure è vaccinato, o ha il tampone negativo. La tecnologia ha stravolto la nostra vita, mi viene difficile immaginare che non sia possibile una cosa del genere”;
È d’accordo con le riaperture?
“Se riapriamo tutto adesso, senza una campagna di vaccinazione abbastanza veloce, la variante inglese risale immediatamente. L’anno scorso da marzo, abbiamo riaperto il 18 maggio. Secondo me questa battaglia va combattuta su due fronti: i vaccini, che non dal personale sanitario che ovviamente li somministra quando li ha a disposizione e tenendo il virus più basso possibile. Forse servirebbe qualche misura restrittiva in più. Ormai abbiamo capito tutti come funziona questo virus e adesso ho ricoverati di 50 – 60 anni che nella prima fase avevo in una percentuale molto minore. Il virus è più trasmissibile. Quindi se facciamo le stesse cose che abbiamo fatto nella seconda ondata e che non bastavano, figuriamoci se basteranno ora”.