Covid, Adriano Galliani racconta il suo incubo e i dieci giorni più lunghi della sua vita: “Adesso finalmente rivedo la luce”
Per giorni il suo nome in realtà è stato solo un numero, quello dei ricoverati in terapia intensiva che compaiono da un anno nel bollettino della Protezione Civile. Dieci lunghissimi giorni sospeso tra la certezza del contagio e l’incertezza delle cure, fino a quando Adriano Galliani non è stato dichiarato guarito.

Oggi che ha fatto rientro a casa, racconta il suo incubo al ‘Corriere della Sera’ e parla dei giorni più lunghi della sua vita. Ha seriamente temuto di morire, durante il ricovero al san Raffaele ha anche perso 10 chili. Dieci come i giorni in terapia intensiva, “i più lunghi della mia vita, è stato un incubo. Ho temuto di morire e ho compreso che nella vita la cosa più importante è la salute”.
L’amministratore delegato del Monza ripercorre la sua degenza e la descrive come un incubo. Il reparto di terapia intensiva non ha finestre e nemmeno un bagno interno. Ma soprattutto, per lui che soffre di claustrofobia, non riuscire mai a vedere la luce del sole è stato drammatico. però tutti il personale del San Raffaele ha fatto il massimo per farlo sentire a suo agio, così come con gli altri pazienti e per questo ringrazia.
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Galliani, dall’incubo alla liberazione: per tutto il periodo del ricovero Berlusconi non l’ha abbandonato
Un’attesa che pareva infinita ma poi il 17 marzo è arrivata la liberazione: il tampone ha confermato che era diventato negativo ed è stato trasferito in reparto. Per lui che ha girato il mondo e dormito in hotel di lusso, anche la stanza di un ospedale è sembrata una suite: “Questo è il posto più bello della mia vita. Stavo ore a guardare il cielo e già questo mi riempiva il cuore”.

In tutto quel periodo, non gli è mancato l’appoggio di Silvio Berlusconi con il quale ha costruito pagine leggendarie al Milan. E adesso che è tornato nella sua casa milanese, apprezza ogni piccolo gesto quotidiano. Probabilmente gli servirà ancora un mese per rimettersi in forma, ma va bene così. E confessa che “non ho visto partite di calcio, avevo l’angoscia che nel corso di un match potessero parlare dei decessi, della pandemia”.