
Sono 26.824 i nuovi casi di coronavirus registrati ieri in Italia, con 380 morti e un indice di positività in aumento, pari al 7,2%. Alla luce di questi dati, come giudica la situazione epidemiologica?
“La situazione è in forte peggioramento in tutta Italia. Da circa tre settimane stiamo procedendo con un aumento dei casi di circa il 20-25%, esattamente come registriamo un incremento consistente degli ingressi in terapia intensiva di circa il 20%. Quest’ultimo dato, non risentendo del numero dei tamponi effettuati, è anche quello più sensibile e accurato, proprio perché, prima di altri reagisce di fronte ad un miglioramento o ad un peggioramento della situazione epidemica. L’altra nota negativa è che venivamo da sei settimane consecutive in cui vedevamo diminuire la curva dei decessi, mentre negli ultimi sette giorni, anche questa curva è ricominciata a salire e i morti sono aumentati del 5%.
Cosa significa questo dato in previsione?
“Purtroppo quello dei morti è un parametro destinato ad aumentare, dal momento che questo è solo l’inizio della risalita della curva dei decessi, che come sappiamo, segue a distanza di circa tre settimana la curva dei contagi. Di conseguenza, se i contagi ora stanno salendo del 20-25% da tre settimane a questa parte, è inevitabile che nei prossimi giorni vedremo crescere dello stesso fattore anche i morti, e questo è certamente l’aspetto più drammatico di tutta la situazione”
La variante inglese e il nuovo scenario

Quanto influiscono le varianti del virus in questo momento?
Tantissimo. È scientificamente provato che le varianti, soprattutto quella inglese che ormai è diventata dominante sul territorio italiano, sono circa il 30-35% più contagiose delle varianti precedenti, quindi a parità delle misure di contenimento che adottiamo, il virus ha molta più possibilità di diffondersi. Non è un caso che già a metà febbraio dissi che di fronte al nuovo scenario, dovuto a queste varianti più contagiose, le zone gialle andassero abolite, perché incompatibili con la fase emergenziale. Non si capisce per quale ragione il Cts si sia espresso solo due giorni fa sulla questione, e solamente ieri il governo abbia deciso nel prossimo Dpcm per l’abolizione delle zone gialle, con un mese di ritardo”
E questo ritardo, cosa comporterà?
“Un mese di ritardo significa: terapie intensive nuovamente intasate, ospedali sotto pressione e un maggior numero di morti e di contagi. La domanda da porci in questo caso è: perché ancora agiamo cosi in ritardo, dopo un anno dall’inizio della pandemia? Se avessimo adottato queste misure un mese fa, oggi probabilmente staremmo parlando di una situazione più controllata”
Lockdown nazionale e chiusure mirate

Il nuovo criterio di attivare chiusure automatiche quando si registrano 250 casi ogni 100mila abitanti, va nella giusta direzione?
“Dipende dai punti di vista. Basti pensare alla Germania, che ha indetto un lockdown durante il periodo natalizio e lo ha protratto fino a febbraio. Ebbene, Angela Merkel ha stabilito che la soglia per riaprire i lander tedeschi dopo il lockdown, doveva essere di soli cinquanta casi per centomila abitanti. Quindi la Germania ha stabilito come livello di sicurezza una soglia molto più bassa rispetto all’Italia. Non fraintendiamoci, è certamente un bene aver ristretto il parametro relativo all’incidenza dei contagi, il rischio però è che queste misure possano contenere il virus ed evitare un’esplosione fuori controllo, ma potrebbero non essere sufficienti per abbattere la curva dei contagi”
Quindi, in un certo senso, stiamo continuando a navigare a vista?
“Soprattutto dopo il periodo natalizio, è come se ci fossimo ormai abituati al fatto che sotto i diecimila contagi e i due-trecento morti al giorno non si possa scendere. Iniziamo a preoccuparci solo quando i contagi arrivano a ventimila e i morti superano la soglia dei quattrocento. È assurdo, questa non può essere la nostra normalità. Dovremmo puntare, come accaduto in estate dopo il primo lockdown, ad avere solo qualche centinaio di nuovi contagi. Così facendo invece, temo che queste misure servano solo a mettere delle toppe e ad evitare che questa terza ondata diventi uno tsunami”
Secondo lei, c’è bisogno di un nuovo lockdown nazionale?
“Credo che istituire un altro lockdown rappresenterebbe una sconfitta per tutti, soprattutto che per chi, dopo un anno, dovrebbe aver imparato a gestire la pandemia. Oggi dovremmo aver messo a punto tutta una serie di strumenti di monitoraggio capillari, che ci permettano di agire in maniera chirurgica, chiudendo i comuni e le province. Sono sempre stato contrario ad un nuovo lockdown, proprio perché la situazione mostra sempre delle enormi differenze a livello territoriale. La Sardegna per esempio, negli ultimi sette giorni, ha un incidenza di meno di 40,7 casi ogni centomila abitanti. Perché mai un commerciante o uno studente sardo dovrebbe ritrovarsi chiuso in casa, esattamente come a Bologna, dove l’incidenza è dieci volte superiore?”
La campagna vaccinale e il caso AstraZeneca

Come sta procedendo la campagna vaccinale, c’è già stata l’accelerata di cui si parla?
“Per ora l’accelerata è stata solo annunciata. Anche ieri Draghi ha dichiarato che da aprile saremo in grado di vaccinare cinquecentomila persone al giorno. Ci crediamo, ma per ora siamo riusciti ad arrivare a duecentomila dosi somministrate al giorno. A fine febbraio eravamo a centomila. Si tratta di un incremento positivo, ma non ancora sufficiente. Dobbiamo accelerare ulteriormente, anche perché secondo i nostri calcoli, di questo passo il raggiungimento della soglia per l’immunità di gregge (quarantadue milioni di italiani vaccinati), non avverrà prima di ottobre 2022”
Negli ultimi giorni la vicenda relativa ad alcuni decessi, registrati dopo la somministrazione del vaccino di AstraZeneca, con il conseguente sequestro di alcuni lotti in Italia e nel mondo, ha scatenato diverse polemiche. Lei che idea si è fatto in merito?
La questione del vaccino di AstraZeneca è molto delicata e tocca diversi punti. Il primo è naturalmente quello relativo al vaccino, ovvero, fino ad ora non esiste alcuna evidenza scientifica che queste morti sospette, dovute a trombosi, siano riconducibili alla somministrazione. È giusto che le autorità competenti abbiano bloccato alcuni lotti, come accaduto in Italia, o anche l’intero stoccaggio, come avvenuto in alcuni Paesi nordeuropei, per fare tutte verifiche del caso e perché al primo posto deve esserci sempre la salute e la sicurezza delle persone. Detto ciò, proprio perché ancora non esiste alcuna conferma, c’è da rilevare un problema enorme nel modo in cui questa notizia è stata comunicata dai mass media. Alcuni giornali importanti hanno deciso di sbattere in prima pagina dei titoli assolutamente allarmistici, e infatti proprio ieri, in migliaia si sono rifiutati di ricevere il vaccino Astrazeneca”
Si tratta quindi di paure infondate?
“Voglio esser molto chiaro su questo punto: non c’è alcuna prova di questo legame tra il vaccino e queste morti sospette, anzi fino adesso, i dati di Aifa sul monitoraggio per AstraZeneca sono molto positivi: ogni centomila somministrazioni AstraZeneca registra un’incidenza di 326 segnalazioni, la più bassa tra i tre vaccini, dal momento che Moderna si attesta poco sopra con 333 segnalazioni, mentre Pfizer ne registra 769, più del doppio”