Varianti Covid-19, Bassetti a iNews24: “Se Galli ha ospedale pieno, chieda la zona rossa in Lombardia”

“Si scarica sempre tutto sui tecnici. Il problema è che in questo Paese i politici devono rendersi conto che vengono pagati per decidere”. Sono le parole del professore Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova.

Si scarica sempre tutto sui tecnici. Il problema è che in questo Paese i politici devono rendersi conto che vengono pagati per decidere”. Sono le parole del professore Matteo Bassetti, direttore della Clinica Malattie Infettive del Policlinico San Martino di Genova, interpellato ai microfoni di iNews24 in merito alla chiusura dei centri sciistici e alla possibilità di un nuovo lockdown nazionale, discussa negli ultimi giorni. Una chiusura che riguardi tutta Italia, secondo Bassetti, è da escludere a favore di lockdown locali. Con lockdown nazionale infatti, infatti ci sarebbe “una minore attenzione al problema”.

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Negli ultimi giorni è circolata l’idea di un lockdown nazionale per contenere le varianti del Covid-19. Cosa ne pensa?

Non capisco questa accelerazione degli ultimi giorni. Abbiamo fatto uno studio nazionale che ci ha permesso di scoprire quante varianti ci sono, ma è probabile che esistessero già mesi fa. La domanda è: possiamo permetterci il lockdown nazionale di un mese? E la risposta deve essere della politica. Io, da tecnico, dico che prima di arrivare alla chiusura totale ci sono soluzioni intermedie che consentono da una parte, di preservare l’aspetto sociale ed economico, dall’altra di organizzare la situazione dal punto di vista sanitario. Dobbiamo convivere con il virus, attuando il sistema dello stop and go: quando le cose non vanno bene, chiusura con un lockdown locale, poi la riapertura. Sarà anche la soluzione che forse non risolve completamente la situazione, ma dobbiamo convivere con il virus”;

Covid Bassetti
Matteo Bassetti (da Facebook)

Tra le ipotesi di provvedimento di Draghi c’è il modello tedesco. Lei pensa che possa funzionare?

Io penso che dovremmo avere un modello italiano e non continuare ad imitare quello che fanno gli altri. Abbiamo dei professionisti di grandissimo livello: cerchiamo di coinvolgerli di più. Poi la politica decida. Anche in Germania, non mi pare che le cose vadano così bene. Inoltre, il discorso delle varianti è fisiologico. Ogni volta che si va a studiare un virus, si trovano delle varianti. Uno studio degli Stati Uniti ne ha identificate altre 7 diverse. In questo caso, la variante inglese è diventata più contagiosa. Ma non sembra essere più mortale, anche se colpisce di più i bambini”;

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E la variante brasiliana sembrerebbe più pericolosa perché permetterebbe la reinfezione…

Certamente sì, ma sono due discorsi molto diversi. Quando ci sono circolazioni di varianti brasiliane o sudamericane o altre più aggressive, (bisogna rispondere ndr.) con dei lockdown locali com’è stato fatto in Umbria. Ma bisogna intervenire immediatamente, in un quartiere, un’area, un paese, piuttosto che dire di fare un lockdown nazionale”;

Matteo Bassetti
Matteo Bassetti (photo screenshot da Instagram)

Perché non è d’accordo con una chiusura nazionale?

Con un lockdown nazionale c’è una minore attenzione al problema. Un conto è farlo per 65 milioni di persone, un altro è adottarlo in una piccola realtà. Con questo virus bisogna essere precisi, rapidi, spietati. Non si può adottare lo stesso provvedimento ad esempio, per l’Umbria e la Sardegna. Sarebbe come ripetere l’errore che abbiamo fatto quando abbiamo chiuso la zona rossa di Codogno per fare tutta la Lombardia zona rossa allo stesso modo. Così abbiamo portato i problemi di Codogno nel resto della Regione”;

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Come ha fatto sapere Massimo Galli, primario infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano, il suo ospedale è pieno

Un conto è dire di fare un lockdown, un altro è dire di fare attenzione nelle prossime settimane. Noi abbiamo 4-6 settimane molto importanti in cui gli ospedali devono riorganizzarsi, alzare gli argini, preparare posti letto se non li hanno, lavorare a stretto contatto con il pronto soccorso e capire quanti dei pazienti hanno le varianti. Se Galli ha un problema, proponga alla Regione di fare un’immediata zona rossa nella sua area. Ma la sua realtà è diversa dalla mia e da quella di altri. Non si può prendere una misura unica, nazionale, per tutti. Perfino il colore di una regione è sbagliato, le misure vanno prese a livello locale. Se i numeri di Galli sono reali, la Regione Lombardia deve oggi stesso chiedere la zona rossa”;

Matteo Bassetti
Matteo Bassetti (photo screenshot da Instagram)

La Federazione Nazionale dei Medici degli Ordini dei Chirurghi e Odontoiatri ha chiesto di liberare i brevetti dei vaccini per consentirne la produzione diffusa. È possibile secondo lei?

“Non so se è possibile dal punto di vista legislativo, non credo. Certamente mi sembra difficile liberare i brevetti in Paesi che riconoscono queste aziende farmaceutiche. Non credo che sia facile farlo, altrimenti l’avrebbero già fatto. Poi produrre il vaccino di Pfizer e Moderna non è così semplice. Non so se in Italia saremmo in grado di produrlo. Più facile sarebbe produrre il vaccino russo o AstraZeneca”;

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Un commento sul piano vaccinale e sull’arrivo dei vaccini?

Le Regioni da pochi gironi hanno cominciato a vaccinare gli ultraottantenni. Il piano vaccinale è troppo macchinoso e lento. Evidentemente il problema più grande secondo me, è legato alla mancanza di dosi per la vaccinazione di massa. Credo che su questo si debba intervenire e trovare una soluzione, non possiamo andare avanti così. Bisogna essere certi su quante dosi arrivano e in base a quelle chiamare le persone nei prossimi tre mesi”;

Covid Vaccino
Vaccino Covid, parte la seconda fase: tutte le categorie coinvolte (Foto: Getty)

Dopo la firma del ministro Speranza sulla chiusura dei centri sciistici fino al 5 marzo, ci sono state tante polemiche sia dalla politica sia dai lavoratori. Lei cosa ne pensa?

Come sempre è un problema di comunicazione. Fin da ottobre avrebbero dovuto dire agli italiani che quest’anno lo scii non sarebbe stato possibile, perché questo è un anno particolare. Anziché dare una risposta chiara e definitiva, abbiamo continuato a illudere queste persone. Io penso che in generale lo sport avrebbe bisogno di una maggior tutela da parte del Comitato Tecnico Scientifico. Si è pensato che la soluzione fosse chiudere tutto ciò che riguarda lo sport. Abbiamo chiuso palestre, piscine, campi da calcio, campi da scii e lasciato in piedi poche attività. Ma ci sono alcune attività sportive che si possono fare in piena sicurezza. La piscina ad esempio, può essere fatta in sicurezza col distanziamento. Lo scii all’aperto non è un problema. È chiaro che il problema è rappresentato da tutto quello che c’è intorno. Le baite, le code, le biglietterie, gli hotel. Il problema è non essere stato in grado di regolamentare tutto il resto. C’è stato poco coraggio da parte della politica di prendere una posizione. Perché poi si scarica sempre tutto sui tecnici. Ma il problema è che in questo paese i politici devono rendersi conto che vengono pagati per decidere. Non possono continuare a trincerarsi dietro ai tecnici. Le decisioni sulla scuola, sui centri sciistici e tante altre, sono della politica, non dei tecnici”.