Dopo le forti scosse di terremoto in Croazia e nel Veneto, il dirigente di ricerca dell’Ov-Ingv Giuseppe De Natale fa il punto della situazione su iNews24

Tre scosse di terremoto in rapida sequenza, ma a centinaia di chilometri di distanza. In Croazia una serie di movimenti tellurici con una magnitudo tra il 4.8 e il 6.4 hanno distrutto interi villaggi. In provincia di Verona, la terra ha tremato due volte con una violenza di 2.8 e 4.4 gradi sulla scala Richter. Eventi che potrebbero essere collegati, in via ipotetica, come spiega il dirigente di ricerca dell’Ov-Ingv, Giuseppe De Natale, ad iNews24.
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È possibile pensare a placche connesse tra loro?
“Non possiamo dirlo con certezza, ma neanche negarlo. I terremoti a Verona potrebbero essere collegati al movimento della placca adriatica, che da un lato trova la zona della Croazia e dagli altri la zona Appenninica e Alpina dell’Italia. Non abbiamo ancora modelli fisici dettagliati per l’interazione tra terremoti a questa scala di distanze, ma in linea di massima il terremoto di Verona potrebbe essere stato favorito dal terremoto della Croazia“.
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Come mai il terremoto di stamattina di 6.4, in Croazia, è stato avvertito in una zona così lontana come Napoli e non da altre parti?
“Può capitare. Sono terremoti molto forti, non sarebbe inusuale una cosa del genere; l’avvertibilità dipende da molti fattori, anche dall’amplificazione dei terreni superficiali”.
È possibile ipotizzare altri eventi simili, di questa portata, in Italia?
“Quando ci sono terremoti di tale magnitudo, avviene una significativa variazione di stress, almeno entro distanze di alcune decine di chilometri. Lo stress scaricato da una faglia durante un terremoto, si accumula su quelle circostanti. Dunque, sicuramente è possibile ipotizzare eventi simili in zone limitrofe, fino ad un centinaio di km di distanza dall’attuale epicentro, e sicuramente ce ne saranno moltissimi di magnitudo inferiore. Purtroppo, come dimostrato dai forti terremoti Italiani, molto spesso terremoti di alta magnitudo ne favoriscono altri di magnitudo simile, su faglie limitrofe. Per quanto riguarda la placca Adriatica, potrebbero esserci dei meccanismi di trasferimento di sforzo, anche a maggiore distanza (diverse centinaia di km), i cui meccanismi ancora non conosciamo in dettaglio, che potrebbero favorire l’interazione tra terremoti all’interno di tale placca. Bisogna considerare che quest’ultima si estende dalla ex Jugoslavia, Grecia fino agli Appennini e alle Alpi. In linea di massima, è possibile che questi terremoti favoriscano la sismicità non solo nelle immediate vicinanze, ma anche, entro tempi di giorni o anche mesi, nelle nostre aree. Di certo non è possibile ipotizzare se davvero sarà così, né quando o né dove”.
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Dal 2009 ad oggi, cos’è cambiato nel sistema sismologico italiano

Dopo il tragico evento de L’Aquila ed Amatrice, ritiene che in italia siamo attrezzati e abbiamo le competenze per fronteggiare terremoti di questa entità?
“Le nostre reti di monitoraggio sono all’avanguardia, e conosciamo oggi molto bene la sismicità italiana e le zone di faglia dove possono avvenire i forti terremoti. Purtroppo, in quasi tutte queste zone sorgono città o piccoli centri, come Amatrice, Norcia, L’Aquila, ecc., spesso molto antichi, con edifici storici pregevoli, che però non sono in condizioni di resistere a terremoti medio-forti. Quanto accaduto a L’Aquila, o ad Amatrice, potrebbe purtroppo accadere anche oggi. Noi sismologi insistiamo da tempo sulla necessità di intraprendere una campagna di consolidamento di tutti gli edifici nelle zone maggiormente esposte. Il Sisma Bonus è un primo tentativo in questa direzione, ma non risolverà il problema, in quanto devoluto alla decisione dei singoli e senza privilegiare chiaramente le aree maggiormente esposte”..