Giornalisti uccisi nel 2020: sono ben 50 secondo Report senza Frontiere. Il dato si mantiene stabile rispetto agli ultimi anni, ma c’è un dato che allarme non poco.
Cinquanta giornalisti morti in un anno nell’intero mondo: è questo il tragico bilancio tracciato da Reporter senza Frontiere, l’organizzazione no-profit che promuove e si batte per la libertà di stampa e di informazione. E il dato ancor più inquietante è che la maggior parte di essi, ovvero sette su dieci, sono morti lontani dalle zone di guerra dove un drammatico decesso sarebbe più giustificato.

Giornalisti uccisi nel 2020: i dati
La media è tuttavia stabile rispetto allo scorso anno quando si contarono 53 cronisti morti a causa del loro lavoro. Per quanto riguarda invece le vittime di guerra, queste continuano a diminuire: rappresentarono il 58% nel 2016, mentre la percentuale ora scende al 32 quest’anno. I contesti bellici sono noti e immaginabili: si passa da Paesi come la Siria e lo Yemen ad altri scenari come l’Afghanistan e l’Iraq.
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Tuttavia è nel continente americano che si registrano in generale più vittime: 8 ricondotte solo al Messico. Segue poi l’India con quattro, le Filippine con 3 e lo stesso numero nell’Honduras. Ciò che inquieta è la crescita di giornalisti uccisi dopo essere rientrati espressamente in un mirino sinistro: si tratta dell’84%, rispetto al 63 del 2019.
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Molti di questi sono stati uccisi in modo particolarmente barbaro, come come il messicano Julio Valdivia Rodriguez del quotidiano El Mundo de Veracruz addirittura decapitato. Così come Victor Fernando Alvarez Chavez, direttore di un sito di notizie locale, fatto addirittura a pezzi. Tra le 50 vittime dieci stavano lavorando su casi di corruzione locale, quattro si stavano occupando in particolare di mafia e tre indagavano su temi ambientali.