Quando arrivavano le forze dell’ordine, gli abitanti del luogo avvisavano i pusher in modo che si nascondessero, ponendo momentaneamente fine allo spaccio di droga, fino a che le auto non andavano via. Ciò avveniva durante il lockdown, come emerso dalle indagini che hanno portato all’arresto dei fratelli Gabriele e Marco Bianchi, già in carcere perché indagati per l’omicidio di Willy Duarte Monteiro, avvenuto a Colleferro, in provincia di Roma, il 6 settembre.
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Con i fratelli Bianchi, in carcere altre quattro persone
Insieme a loro sono finite in manette altre quattro persone, in esecuzione di altrettante ordinanze di custodia cautelare, perché ritenute responsabili, a vario titolo, di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti e tentata estorsione.
I due fratelli sono finiti nell’occhio del ciclone negli ultimi mesi anche perché avrebbero percepito il reddito di cittadinanza attraverso il padre. Quest’ultima vicenda è ancora tutta da chiarire, visto che entrambi avrebbero affermato di non sapere nemmeno cosa sia il reddito di cittadinanza.
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Per gli investigatori, i Bianchi erano i coordinatori dello spaccio
Stando alle indagini, Gabriele e Marco avrebbero coordinato l’attività di spaccio, impartendo indicazioni precise ai vari complici. Attività che durante il lockdown sarebbe stata gestita con consegne a domicilio o incontri veloci per strada, in particolare nelle ore in cui erano possibili gli spostamenti. Il giro di affari assicurato era molto importante. Gli arrestati infatti, sfoggiavano la loro ricchezza sui social, pubblicando video e foto di auto di grossa cilindrata, abiti griffati e orologi di valore, durante le serate nelle più importanti piazze della movida dei Castelli Romani.
La droga era chiamata “caffè, magliette, aperitivo, cd di Gomorra”
Avrebbero spacciato marijuana, cocaina e hashish a prezzi di mercato che andavano dai 5 euro per l’erba e il fumo ai 20 – 40 euro per le dosi di cocaina. Dalle intercettazioni si registra inoltre, che la droga veniva chiamata “caffè, magliette, aperitivo, chiavi, cd di Gomorra”: questo, secondo gli investigatori, era un modo per dare l’idea di una conversazione amichevole nel tentativo di confonderli. Le indagini si sono concentrare nell’area di Velletri, Lariano, Artena e nei comuni vicini e non è chiaro dove venisse presa la droga prima di essere venduta.
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I clienti sapevano di dover pagare per non diventare vittime di spedizioni punitive
Ciò che teneva uniti tutti gli indagati, sarebbero state amicizia e fiducia reciproca. Non si tratterebbe quindi, di un gruppo tradizionale dedito alla droga, organizzato gerarchicamente. Anche i clienti sarebbero stati pochi e ben scelti, in base al criterio della “conoscenza”. Ma una cosa era certa: dovevano pagare. Come detto infatti, i sei arrestati sono indagati anche per tentata estorsione.
Tutti i gli acquirenti, stando alle indagini, sapevano che bisognava pagare nei tempi e nei modi stabiliti ed erano consapevoli che, in caso contrario, sarebbero diventati vittime di una spedizione punitiva, che oltre alle minacce includeva anche aggressioni fisiche. Come in un caso documentato dagli investigatori: un acquirente sarebbe stato aggredito per strada mentre era insieme al padre. Secondo gli investigatori, il timore e l’intimidazione erano ben diffusi in quel contesto, anche perché i fratelli Bianchi erano bravi nelle arti marziali.