Un’organizzazione di matrice camorristica sì, ma non propriamente campana. Questo, per gli inquirenti, sarebbe stato il clan con a capo Michele Senese, operante a Roma dal 2008 al 2015.
‘O Pazzo è finito in manette questa mattina, martedì 1 dicembre, insieme ad altre 27 persone, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia. Sono ritenute responsabili di appartenere ad un’organizzazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e a vario titolo, di estorsione, detenzione e porto illegale di armi, lesioni personali gravissime, tentato omicidio, trasferimento fraudolento di valori. Reati, per la maggior parte, aggravati dal metodo mafioso.
Le differenze tra la camorra romana e quella campana
Durante le indagini condotte dai carabinieri del Nucleo Investigativo della capitale, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è emerso che l’organizzazione, operante principalmente nell’area Sud di Roma, era organizzata secondo il modello tipico della malavita organizzata romana, che si differenzia da quello campano. Mentre quest’ultimo prevede un’organizzazione verticistica, dove vige il senso di gruppo e soprattutto di un boss al quale tutti devono fare riferimento, il sistema mafioso della capitale agisce come un consorzio.
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Vari gruppi criminali hanno un ruolo centrale nella droga e nelle estorsioni, ma agiscono indipendentemente l’uno dall’altro. Come emerge dall’ordinanza a firma del giudice per le indagini preliminari Pier Luigi Balestrieri, il clan Senese sarebbe la “sintesi tra la mentalità e il metodo criminale camorristico e il modello criminale tipico della malavita organizzata romana”.
La difficoltà nel dimostrare il reato associativo
Questo, negli anni, ha reso difficile dimostrare la sussistenza del reato associativo (416bis del codice penale), perché i membri del consorzio criminale avrebbero sempre agito in autonomia operativa. Gli affiliati potevano gestire da soli, anche attraverso propri gruppi criminali, le loro attività.
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Ma a capo del consorzio, secondo gli inquirenti, c’era comunque Michele Senese
Ma secondo gli inquirenti, al vertice c’era comunque Michele Senese, che forte del suo curriculum criminale e del marchio dell’omicidio Carlino, era il capo indiscusso di Roma. Nelle intercettazioni viene definito “capo indiscusso della malavita romana”, “… il capo di Roma! … il boss della Camorra romana” … Comanda tutto lui”. Il cartello, stando alle indagini, era in grado di condizionare le dinamiche criminali sul traffico di droga e di coordinare e controllare i gruppi autonomi, come quello di Domenico Di Giovanni e suo figlio Ugo (in carcere) e quello di Davide (in carcere) e Guido De Gregori (che è morto).
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