Secondo la rivista Nature, sono diversi i luoghi che fanno aumentare i contagi da Covid-19. Andiamo a vedere come essere prudenti in questi locali.
La seconda ondata di Covid-19 ha investito il mondo intero, con un impatto maggiore sull’Europa, ed in molti si stanno chiedendo quali sono i luoghi che fanno aumentare i contagi. Ad indagare sull’argomento ci ha pensato la rivista Nature, una delle più antiche riviste scientifiche di sempre. Infatti Nature ha aperto una vera e propria inchiesta, studiando tutti i dati del contagio.
I risultati proposti dalla rivista scientifica, però hanno valori universali e tra i luoghi del contagio incriminati troviamo principalmente: ristoranti, palestre, chiese, bar e alberghi. Stando a Nature, questi posti favoriscono gli assembramenti e di conseguenza è più probabile contrarre il virus. A condurre gli studi ci hanno pensato due delle università più prestigiose negli Usa, Stanford e Northwestern University. Andiamo a vedere le soluzioni che propongono le due università a stelle e strisce.
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Covid, come intervenire sui luoghi dei contagi: le proposte di Stanford e Northwestern

Secondo le due università amerciane, Stanford e Northwestern, si potrebbero tenere aperti tutti i ristoranti, bar, chiese, alberghi e palestre ma ad una sola condizone. Per tenere aperte queste attività ed allo stesso tempo ridurre la contagiosità, bisognerebbe passare dall’80% al 30% di capienza. Per compiere la ricerca, le due università hanno usato dei smartphone per ricostruire gli spostamenti dei cittadini.
Ma non solo, infatti sono stati tracciati anche i percorsi, i luoghi visitati e i contatti avuti, così facendo si è tracciato anche la trasmissione del virus. Poi le due università hanno simulato una chiusura di tali locali, così facendo hanno notato un calo della contagiosità. La svolta è arrivata analizzando la chiusura dei ristoranti. Infatti eliminando i percorsi all’interno del ristorante, i contagi andrebbero a diminuire significativamente.
Questo modello, stando alla rivista, andrebbe a tracciare anche l’85% delle infezioni registrate nell’area metropolitana di Chicago. Infatti lo studio condotto non tiene conto dei contagi domestici, ma solo di quei contagi che avvengono nei luoghi chiusi dove è difficile mantenere il distanziamento, ma soprattutto dove si consuma e per necessità non è possibile indossare la mascherina.
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L.P.
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