Morto Marco Diana, militare in prima linea per la lotta all’uranio impoverito

Morto Marco Diana, militare in prima linea per la lotta all’uranio impoverito. L’ex maresciallo dell’esercito aveva 50 anni e si è spento nella sua Cagliari

Marco Diana morto
Morto Marco Diana, militare in prima linea per la lotta all’uranio impoverito (Foto: Facebook)

E’ morto all’età di 50 anni l’ex maresciallo dell’esercito Marco Diana, simbolo della lotta allo Stato contro l’utilizzo dell’uranio impoverito. Il pericolosissimo metallo pesante debolmente radioattivo è solitamente usato durante le missioni militari all’estero e rappresenta un pericolo per i soldati che che si trovano a doverlo maneggiare.

Diana era nato a Villamassargia, nel Sulcis in Sardegna, e aveva contratto ormai da più di venti anni un tumore al sistema linfatico. Si era ammalato in seguito ad una missione in Somalia nel lontano 1993, in cui era inserito nel corpo scelto Granatieri di Sardegna. Oltre a quella spedizione aveva fatto parte anche delle operazione nei Balcani e in Kosovo, rimanendo operativo fino al termine del 1998.

Dopo aver scoperto la terribile malattia si era dedicato ad una controversia con lo Stato a proposito del rischio a cui sono esposti i nostri soldati dovendo fare i conti con sostanze cancerogene pericolosissime per la salute.

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Morto Marco Diana, militare in lotta con lo Stato per l’uso di uranio impoverito: aveva 50 anni

Morto Marco Diana
Morto Marco Diana, militare in prima linea per la lotta all’uranio impoverito (Foto: Facebook)

La sua battaglia era riassunta in un frase, condivisa anche sui social: “Non è una lotta personale, ma è quella di tutti i servitori dello Stato che si sono ammalati nell’assolvere il loro dovere”.

La sua personale battaglia contro le istituzioni era partita alla fine degli anni ’90 e aveva portato ad un risarcimento di un milione di euro nel 2005. In più gli era stata riconosciuta una pensione privilegiata da “invalido militare“, senza però mai ammettere una responsabilità dello Stato sull’uso dell’uranio. Nella sentenza si faceva riferimento infatti ad “altre sostanze cancerogene” con cui Diana, e i colleghi, sono entrati in contatto.

Nelle storie da lui stesso raccontate, inerenti le attività in Somalia al fianco dei militari americani, c’era poco spazio per le interpretazioni.

I missili sparati dai loro elicotteri sollevavano enormi nuvole di polvere bianca. Quella polvere ci avvolgeva e noi la respiravamo. Sembravano dei marziani, mentre noi stavamo in maglietta e calzoncini, esposti a tutte quelle strane polveri“.

Un grido d’allarme che per troppo tempo è rimasto soppresso e non ha permesso di difendere la salute di altri soldati nella stessa condizione. Purtroppo ora Diana non c’è più ma la sua eredità in tema di diritti non va assolutamente tralasciata.

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