La storia di Maurizio: per i disabili il post-lockdown è un dramma

Per i disabili e le loro famiglie, il lockdown purtroppo non è mai finito. I centri diurni infatti faticano a garantire i servizi di prima, e ragazzi come Maurizio stanno finendo letteralmente segregati in casa.

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La storia che Luigi De Lellis ha deciso di raccontare ai microfoni di “FanPage” colpisce come un pugno allo stomaco. Impossibile restare indifferenti.

Luigi vive a Rescaldina, un paese della provincia di Milano e ha un figlio di 22 anni di Nome Maurizio. Maurizio soffre della sindrome di Charge, una malattia molto rara che colpisce il corpo in diverse sue parti e causa molto spesso anche cecità e sordità. Un tipo di disabilità molto grave, con cui è difficilissimo convivere nel quotidiano sia per chi ne soffre, che per coloro che devono avere cura di queste persone. 

E se queste situazioni sono già difficili da affrontare in tempi normali, dopo il lockdown nulla è stato più come prima. Fino al 19 Marzo infatti, Maurizio frequentava il centro Diurno a Rescaldina. Qui il ragazzo trascorreva il suo tempo per sei ore al giorno, cinque giorni alla settimana.

Questo centro era un importantissimo punto di equilibrio per la famiglia De Lellis, in quanto consentiva al padre di lavorare normalmente e alla madre di svolgere un’attività lavorativa part time. E soprattutto, permetteva a loro figlio di relazionarsi con gli altri e di fare delle attività che lo aiutassero a condurre una vita più normale possibile. 

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I centri per i disabili non riescono più a riaprire dopo il lockdown

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Il centro però è stato chiuso poco dopo l’inizio della pandemia e da allora Maurizio si è ritrovato praticamente a vivere tutto il tempo chiuso tra le mure di casa. Una vera e propria tragedia per lui e la sua famiglia, con la madre che ha dovuto rinunciare al suo lavoro per prendersi cura di lui. Finita l’emergenza, il centro in realtà ha riaperto. Ma i servizi erogati adesso sono minimi e Maurizio può prendervi parte soltanto per sei ore la settimana. 

E questo è qualcosa che rischia, come ha spiegato il padre, di aggravare ulteriormente a crescita e lo sviluppo cognitivo del figlio, così come la sua capacità di socializzare. Chi soffre della sindrome di Charge è costretto infatti a passare i primi anni di esistenza in ospedale. Uno stile di vita che che impedisce di imparare a relazionarsi agli altri.

Le colpe della regione Lombardia

I genitori infatti spiegano che al centro diurno che frequentava, Maurizio grazie alle terapia e alla varie attività, riusciva per quanto possibile, a non isolarsi dal resto del mondo. Ad avere quegli stimoli necessari a non perdere il contatto con la realtà. Adesso invece, come ha spiegato il padre “chiuso in casa rischia di regredire”.

Sulla questione dei centri diurni per i disabili, la Regione Lombardia sembra avere diverse colpe.

L’amministrazione lombarda infatti, aveva compilato il 26 maggio una delibera per permetterne la riapertura. Il problema però è che non incrementando i fondi a disposizione del sostegno alla disabilità e al contempo non fornendo delle linee guida chiare, ha messo in totale confusione i centri. E la maggior parte di questi, o non sono riusciti a garantire più i servizi e a riaprire. o come nel caso di Maurizio, riescono a fornire un’assistenza minima e insufficiente.

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