Coronavirus, allarme Confesercenti: un’impresa su tre a rischio chiusura

Il quadro illustrato dalla Confesercenti vede un’impresa su tre a rischio chiusura a causa del forte impatto del coronavirus sull’economia

In Italia il governo è al lavoro per quella che sarà la Fase 2, ma non c’è ancora nulla di deciso. Molte attività, nonostante questo, potrebbero non riaprire subito. A tal proposito la Confesercenti ha condotto uno studio e le previsioni sono abbastanza preoccupanti.

Il 32% delle piccole e medie imprese del commercio e del turismo rischiano la chiusura definitiva. Il 57% degli imprenditori è preoccupato dalla recessione economica.

Anche con una ripartenza graduale a partire dal 4 maggio, il fatturato è in pieno crollo. I pubblici esercizi vedono un calo del -29,4%, le attività ricettive il 31% mentre gli ambulanti sfiorano il 33%.

Al di fuori del settore alimentare, l’abbigliamento arriva a perdere il 25,7% del fatturato annuale. Inoltre vi sono scadenze sulla merce di ogni negozio o catena che influiscono molto sulla forte pressione che il settore sta subendo.

Per far fronte alla ripida discesa del fatturato, oltre la metà delle imprese valuta di utilizzare la possibilità di chiedere una linea di credito aggiuntiva pari al 25% del fatturato dell’anno precedente. Il 23% ha intenzione di farlo immediatamente, mentre il 30% non ha ancora deciso.

Confesercenti, interventi di sostegno alle imprese insufficienti

Attività commerciale
Coronavirus Confesercenti

Gli interventi di sostegno disposti dal governo viene ritenuto dalle imprese poco adeguati e lo stesso pensiero appartiene alla Confesercenti. La presidente Patrizia De Luise, infatti, afferma: “Le misure del governo per assicurare liquidità alle imprese vanno accelerate e rese certe ma, ad ogni modo, non riusciranno a colmare i mancati ricavi e redditi”.

L’associazione di categoria propone l’ipotesi di finanziamenti a fondo perduto. Le restrizioni, probabilmente fino a dicembre, potrebbero infatti mettere seriamente ko intere famiglie che lavorano nei settori che le subiranno maggiormente.

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