Champions League: quattro ipotesi per salvare la stagione

Mancano ancora diciassette partite per assegnare il titolo di Champions League ma la dirigenza della Uefa non ha ancora abbandonato l’idea di riuscire a completare la stagione e salvare il salvabile. Ma tutto dipende dal quadro generale e da un fattore decisivo, se il COVID19 avrà allentato la presa sull’Europa.   

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La coppa con le orecchie, la mitica Champions League

La Serie A sta cominciando a discutere un protocollo per la ripresa delle attività di allenamento a partire dal 4 maggio, quando l’attuale DPCM del Governo Conte dovrà essere aggiornato o rimodulato. Per la Champions League è tutto molto più compilato: sono in atto fattori difficili da gestire, la situazione specifica di ogni singolo paese, le varie trasferte. E anche se è dato per scontato che le partite si svolgeranno a porte chiuse, il rischio resta alto.

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Champions League Infantino
Il presidente Gianni Infantino mostra uno scherzoso cartellino rosso ad Aleksander Ceferin, presidente Uefa (Getty Images)

Quattro ipotesi per la Champions League

Le ipotesi che la Uefa sta studiando sono fondamentalmente quattro. La più agevole è la Final Four secca e in sede unica alla quale accederebbero le quattro squadre migliori di questa stagione. Ma con quale diritto e quale accesso privilegiato? Al momento ci sono ancora quattro gare di ritorno degli ottavi di finale da effettuare tra le quali quelle di Juventus e Napoli. Come decidere a bocce ferme e senza avere completato almeno la fase dei quarti le quattro squadre più meritevoli? Al club questa ipotesi, che è la più pratica e meno rischiosa, non piace e nemmeno a sponsor e tv perché la visibilità si ridurrebbe a poche gare.

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Il presidente della UEFA Aleksander Ceferin nella sede di Nyon (Getty Images)

Una final eight in sede unica

Un’altra ipotesi è ridurre all’essenziale il calendario. Si va da una finale allargata, non con quattro ma con tutte le otto squadre che accederanno ai quarti di finale (la Final Eight), coinvolte in tre gare secche in sede unica. Sette partite in tutto. Un buon compromesso che ridurrebbe molto i rischi e anche i costi di gestione sia televisiva che delle squadre. Un gran finale di stagione in otto, massimo giorni di calendario.

Le altre soluzioni sono, acquisite le ultime squadre iscritte ai quarti giocare le eliminatorie con una gara secca in casa della squadra “testa di serie”. L’ultima ipotesi è quella di giocare tutte le gare che mancano, sedici più la finale. Davvero difficile per non dire impraticabile.

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Il marchio Uefa sulla Coppa più amata d’Europa (Getty Images)

Una stagione da ricostruire

Tutto è molto complicato: a cominciare dai contratti dei calciatori che sono in scadenza il 30 giugno e con una qualsiasi di queste formule diventerebbero carta straccia. Se anche si procedesse con una deroga decisa dalla FIFA per prorogare tutti i contratti in scadenza di uno o due mesi, chi garantirebbe i club proprietari del cartellino in caso di infortunio?

La Uefa come obiettivo minimo si è posta la Final Four, e dunque la soluzione più semplice anche se la Final Eight sembra essere il miglior compromesso e un format persino interessante in un contesto tanto atipico. Poi si penserà al futuro, che resta un’ipotesi. A cominciare da campionati nazionali ancora da finire, diritti di qualificazione tutti da decidere e una prossima stagione che per ora rimane un gran rebus a cominciare dal mercato e dal suo calendario.