2 Aprile, Giornata Mondiale dell’Autismo. La dottoressa Stefania Stellino ha trascorso qualche minuto per raccontarci il suo punto di vista da mamma e da esperta
Oggi 2 Aprile è la Giornata Mondiale dell’Autismo, ma anche oggi l’aria è diversa. Il Coronavirus pervade tutte le case d’Italia e del mondo ed anche quella della dottoressa Stefania Stellino, rappresentante ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici) nell’Osservatorio sulla scuola al MIUR e Presidente di ANGSA Lazio. A tal proposito la dottoressa Stellino si fa portavoce dell’Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici per chiarire e spiegare la situazione ad iNews24.
2 Aprile, Giornata Nazionale dell’autismo, cos’è che si celebra precisamente oggi?
“Dovrebbe essere la Giornata Nazionale della consapevolezza dell’autismo, quindi cercare di sensibilizzare il mondo – o chi non si trova nella nostra condizione – alla condizione autistica, a capire cosa vuol dire vivere con una persona nello spettro. E’ proprio il momento in cui più si riesce a comprendere cosa vuol dire distanziamento sociale: non poter andare al cinema, non poter andare al ristorante, andare ad un centro commerciale”.
Come si può spiegare al proprio figlio questo periodo d’emergenza dato dal Covid-19 e tutte le restrizioni che ne susseguono?
“Dipende dal tipo di autismo, laddove c’è una capacità di comprendere il verbale, si può spiegare semplicemente che si tratta di un periodo in cui bisogna stare attenti a non ammalarci, quindi non si può uscire di casa: frasi semplice e concise. Laddove c’è una comprensione a livello di immagini, sono state sviluppate tantissime storie sociali proprio per questo, per aiutare a comprendere qual è la situazione. Per chi è in una situazione in cui non si comprende il verbale né troppo facilmente le immagini, bisogna agire a seconda della conoscenza che un genitore ed il terapista hanno del bambino. E’ una situazione un po’ più complicata in questo caso, ho due figli: una riesce a comprendere la situazione, l’altro non riesce neppure a comprendere che cosa possa essere il concetto di malattia. Capisce che non può uscire, senza spiegarsene il motivo ed è molto devastante: sia per lui che per la famiglia”.
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Giornata mondiale dell’autismo ai tempi del Covid-19
In molti casi i bambini, ragazzi affetti da autismo usufruiscono di supporto da persone specializzate. Quanto è fondamentale non perdere questi contatti durante questo periodo ed in tal senso, come si sta attrezzando l’ANGSA Lazio?
“E’ fondamentale non perdere le abilità acquisite né i punti di riferimento che si avevano prima. Ci siamo attivati con un progetto di supporto di consulenze di conforto che fanno degli psicologi ed in parte anche noi che siamo genitori “più anziani” e che quindi possiamo essere a supporto, anche degli operatori, per far capire come si può interagire anche a distanza con Skype, WhatsApp. Una semplice video chiamata può essere fondamentale, è quindi necessario che tutti si attivino in tal senso – dovrebbero già averlo fatto – perché perdere il contatto visivo è devastante. Su questo bisogna cercare, anche con la scuola, con gli insegnanti, gli assistenti, mantenere il contatto costante, anche da lontano, anche per i casi più gravi che sono comunque in grado di vedere le immagini, sono abituati ad usare i tablet”.
Da mamma e da esperta, c’è un suggerimento che si sente di dare alle famiglie che stanno vivendo un momento difficile insieme ai loro bambini?
“Il suggerimento da mamma è quello di non lasciarsi prendere dallo sconforto e mantenere la soglia alta dell’attenzione, non pensare che si può uscire liberamente semplicemente perché abbiamo una persona con autismo in casa o che lui abbia più diritti di qualcuno a fare una passeggiata. Le conseguenze potrebbero essere estremamente severe, stiamo lavorando su un documento della Regione Lazio per i percorsi – sia mai qualcuno dei nostri, sebbene qualcuno ne sia già contagiato, dovesse ammalarsi – e non voglio neppure pensarci, mi viene la pelle d’oca. I nostri ragazzi sarebbero sedati dal primo momento in cui entrerebbero dentro un reparto, penserei a questo”.
“Da esperta direi di inventarci quante più cose possibili da fargli fare, per riempire il tempo, per farli sentire quanto meno lontani dalle loro routine. Bisogna fare squadra con tutti coloro che ci supportavano prima. Laddove la situazione dovesse diventare ingestibile, va bene mettersi in macchina e fare un piccolo giretto, però bisogna essere sicuri che questo non inneschi nel ragazzo il ricordo di andare in pizzeria, al bar, perché quel pensiero potrebbe danneggiare ulteriormente i ragazzi. Dobbiamo essere responsabili e tutelare la salute dei nostri figli oltre che quella pubblica”.
A CURA DI VALERIA CARDILLO