Il seminatore di croci si ritira: “Non ce la faccio più”

Il seminatore di croci si ritira perché troppo vecchio: “non ce la faccio più”. Da oggi il mondo è un po’ più povero di ieri. 

Croci
Croci (via Getty)

Per la serie storie vere, la nostra rubrica su avvenimenti improbabili ma realmente accaduti, oggi vogliamo proporvi la strana storia di questo seminatore di croci. 

Si chiama Greg Zanis e di professione fa il falegname. E’ nato e cresciuto in Illinois, in America, pur avendo origini greche come si comprende dal suo cognome. Proprio lui, oltre 23 anni fa, ha deciso di dare vita ad un’iniziativa tutta personale che ha avuto tantissimi sostenitori negli anni. Nel 1996, infatti, proprio in Illinois, un giovanissimo bambino di appena 6 anni morì in modo tragico. Sparato, il ragazzo non ebbe chance di sopravvivenza e divenne una vittima di guerra tra gang. Per commemorarlo, Zanis decise di piantare una croce sul luogo dell’avvenimento. Da allora si promise di farlo ogni volta che un innocente moriva in modo violento, per commemorare la sua memoria.

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Il seminatore di croci si ritira: “Non ce la faccio più”

Da allora l’uomo ha viaggiato in lungo ed in largo. Non ha piantato solo croci, ma anche qualche Stella di Davide e qualche mezzelune musulmane, per ricordare i morti. Quasi 27mila i monumenti alzati in memoria di altrettante vittime innocenti morte in modo violento, a causa di persone malvagie e dei loro piani cattivi per il presente. Ogni volta che qualcosa di cattivo accadeva, ecco che Greg viaggiava, si recava sul posto e piantava una croce. Una vera e propria avventura personale che non ha eguali di questi tempi. Ora che lui ha finito di piantare croci, però, qualcuno è atteso a continuare tale missione.

Di seguito le sue parole a The Beacon News: “Dopo Orlando non mi sono più fermato, ero in viaggio sulle strade quasi ogni settimana. Ho guidato per 850mila miglia (oltre 1,3 milioni di Km) per piantare croci. Dormivo nel mio camioncino e non avevo abbastanza soldi per pagare quello che facevo. La fine di questa usanza? Non penso sia la fine della mia missione, ma la fine di me che la porto avanti”.

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