Strage Piazza Fontana, 50 anni oggi: il retroscena su Massimo Ranieri

Cinquanta anni fa l’Italia si svegliava col boato dalla strage di Piazza Fontana. Il retroscena su Massimo Ranieri

Immaginate una banca milanese di fine anni 60. Signori distinti, impomatati e incravattati, ma non solo. Perché nella Banca nazionale dell’Agricoltura il venerdì pomeriggio c’è un grande mercato settimanale che raccoglie anche tanti contadini. Lavoratori onesti e instancabili, gente della provincia che con fatica tira avanti e sogna magari un futuro migliore, con l’avvicinarsi del Natale che, oggi come allora, è sempre un invito alla speranza. E invece in un attimo la speranza va via insieme ad un boato. Non c’era nemmeno un segnale o il tempo di avere terrore, cantava Daniele Silvestri diversi anni fa, soltanto l’odore bruciato di plastica e un cielo che ha sbagliato colore. Una bomba, una strage passata alla storia come strage di piazza Fontana. Un uomo con una borsa di pelle che entra nella Banca Nazionale dell’Agricoltura e lascia la borsa sotto un tavolo, sapendo che farà saltare in aria decine di persone. Un attimo, il boato e poi il vuoto. 17 morti e 88 feriti. Diciassette persone innocenti scomparse perché un uomo con una borsa di pelle ha deciso che in quel momento qualcuno doveva pagare per qualcosa che non aveva commesso.

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Le vittime di Piazza Fontana: da Giovanni Arnoldi a Vittorio Mocchi

Strage di Piazza Fontana
Strage di Piazza Fontana, l’interno della banca (Wikimedia Commons)

Giovanni Arnoldi, 42 anni, il più giovane delle vittime di Piazza Fontana, mentre il più anziano è il 79enne Gerolamo Papetti. Gente comune, come Oreste Sangalli. O Pietro Dendena, che era in ritardo per un appuntamento ed era arrivato di corsa in banca, ignaro di quanto sarebbe accaduto e ignaro che quel ritardo gli stava salvando la vita. E poi Giulio China, Eugenio Corsini, Carlo Gaiani, Carlo Garavaglia, Paolo Gerli, Luigi Meloni, Mario Pasi, Carlo Perego, Carlo Silva, Attilio Valè. Calogero Galatioto e Angelo Scaglia ce l’avevano fatta a sopravvivere, ma moriranno poco dopo in ospedale. E per finire Vittorio Mocchi, l’ultimo ad andarsene, quello che ha sofferto più di tutti per una strage insensata.

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La strage di Piazza Fontana, le conseguenze e il retroscena su Massimo Ranieri

Massimo Ranieri Piazza Fontana
Massimo Ranieri (Getty Images)

Una strage, quella di Piazza Fontana, che lasciò sgomenta tutta l’Italia. A Milano viene proclamato lutto cittadino, vengono spente tutte le luminarie natalizie e sospesi tutti gli spettacoli teatrali. La Rai prende la forte e lodevole decisione di fermare in segno di lutto gli spettacoli di varietà del sabato, compresa Canzonissima che all’epoca era stra-popolare. E quella sera – si legge su ‘Il Giorno – Massimo Ranieri avrebbe dovuto cantare il suo successo “Se bruciasse la città”. Per fortuna si decise di sospendere tutto in segno di rispetto verso le vittime: una canzone del genere sarebbe stata amaramente ironica.

Le indagini successive hanno identificato negli anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda i responsabili della strage, ma in entrambi i casi i dubbi sulla legittimità di quelle indagini vanno avanti da 50 anni. Pinelli, in particolare, cadde dal balcone della Questura di Milano. Ufficialmente per un malore, ma la versione ufficiale continua ad essere contestata come poco credibile. E chissà se sapremo mai la verità, su questo brutto episodio e soprattutto su quella strage senza senso.