Bestemmie e profanazioni: quando la blasfemia va di moda

Viaggio nell’inspiegabile boom di offese alla religione. Perché le le bestemmie e la blasfemia vanno così di moda? 

La notizia c’è, e non è per niente piacevole. I social sono sempre più carichi di pagine nate e cresciute soltanto per inventare bestemmie. Sempre più offensive, sempre più “divertenti”, per loro. Loro sono i ragazzini che utilizzano l’offesa alla religione come intercalare, che gareggiano a spararla sempre più grossa per fare colpo su altri loro simili. Su Facebook ormai proliferano come i funghi le pagine che offendono la religione, alcune addirittura dedicate soltanto alle bestemmie. E le segnalazioni, purtroppo, non servono a nulla, perché gli algoritmi social spesso non riescono a rilevare alcuna violazione degli standard. E così, come diceva il grande Lubrano, la domanda nasce spontanea: che sfizio c’è? Cioè, se credi in Dio e lo insulti con una bestemmia stai tradendo te stesso. Ma se non ci credi, precisamente, chi stai insultando?

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Canzoni, pagine Facebook e depenalizzazione: perché è lecito bestemmiare?

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Mark Zuckerberg (Getty Images)

In queste settimane sta spopolando su YouTube una canzone che narra di una “Ave Maria piena di ansia” che prende il sole “crocefissa sulla spiaggia”. E non andiamo oltre, ché gli faremmo soltanto pubblicità. Ma l’andazzo è questo. Un’inchiesta di ‘Avvenire’ ha indagato fra le pagine Facebook dedicate alle bestemmie e sul motivo per il quale il popolare social non faccia nulla per fermarle. Il primo motivo è la depenalizzazione della bestemmia: negli Stati Uniti non è considerata reato, neppure amministrativo. E ok, dura lex sed lex, ma perché agli occhi dell’opinione pubblica è (giustamente!) esecrabile un insulto razzista ma non c’è rispetto per chi si sente offeso da un insulto religioso? Perché bisogna rispettare (giustamente!) tutte le minoranze tranne quella che vuole prendersi la libertà, spirituale, culturale, ideologica, di credere in Dio?

Non ci è dato saperlo, ma il secondo motivo identificato da Avvenire fa sicuramente riflettere. “L’anarchia, il dibattito e persino la lite tra utenti del social sono tempo e azioni che vengono spese all’interno del colosso digitale. La società di Zuckerberg ha tutto l’interesse a passare per paladina della libertà di espressione”. Insomma, marketing. Denaro. L’unico vero Dio di questi tempi.

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Le bestemmie in Italia non sono reato

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La Religione in gabbia (Getty Images)

In realtà la bestemmia non è più un reato neppure in Italia, fin dal 1999, ma è stata depenalizzata ad illecito amministrativo. Significa che chi viene pescato ad insultare la religione è punibile con una sanzione amministrativa che va da euro 51 a euro 309, ma solo se la esprime pubblicamente. Poi c’è l’art. 415 del Codice Penale, quello di “istigazione a disobbedire alle leggi”, e lì potrebbe configurarsi la pena (da 6 mesi a 5 anni) per le pagine Facebook che inducono le persone ad imprecare per gioco. Ecco, magari convincere Zuckerberg (o chi per lui) a punire chi ce l’ha con Dio può essere un’impresa ardua, anche perché di fronte ci sono macchine e algoritmi, ma magari si può provare a denunciare. Potrebbe essere il via ad un controllo più serrato nei confronti di chi offende tante persone. Per gioco, per sollazzo, ma le offende. E questo ormai sembra non interessare più a nessuno.