Uomo senza identità vive in un ospedale di Roma da un anno, nessuno sa chi sia

Un uomo senza identità vive in un ospedale di Roma da un anno (foto Pixabay)

Un uomo, senza memoria e senza identità, “vive” da oltre un anno al Policlinico Casilino di Roma.  Una storia da film ma che, in realtà, è tutta come racconta il Corriere della Sera.

Era il 22 agosto 2018 quando l’uomo, uno straniero dell’Est Europa, si è recato al pronto soccorso del Policlinico Casilino in seguito a una crisi epilettica. L’uomo, già noto ai medici per precedenti visite ospedaliere, non ha fornito la sua identità né aveva con se documenti di riconoscimento.

Ad aggravare la situazione il fatto che l’uomo non si esprime se non con gesti gutturali né comprende la nostra lingua. L’aiuto dei mediatori culturali che si sono avvicendati per cercare di risolvere il caso non ha sortito alcun effetto. Lo straniero è rimasto senza nome, senza identità e da oltre un anno e mezzo è “ospite” fisso del nosocomio ricevendo, di fatto, lo stesso trattamento degli altri malati (vitto, pulizia etc) con un posto letto assicurato nella struttura.

Una vicenda difficile da risolvere

Non sappiamo come uscirne“. Una dichiarazione breve e sintetica  al Corriere quella di Francesca Barbacci, l’assistente sociale che ha seguito dall’inizio l’intera vicenda dello straniero senza nome.

Per trasferirlo in un’altra struttura e liberare un posto letto preziosissimo nell’ospedale, sono necessari documenti e pezze d’appoggio che, al momento, non è possibile fornire stante l’incertezza costante su identità e provenienza dell’uomo.

Il paziente, di fatto, non è trasferibile in una casa famiglia o in una comunità di recupero e a nulla sono valse, finora, le richieste per l’assegnazione di un amministratore di sostegno, i contatti con le ambasciate di alcuni paesi dell’Est Europa e nemmeno la segnalazione, con foto,  nei programmi come Chi l’ha visto? trasmessi in Moldavia e Romania.

Nel frattempo, medici e infermieri dell’ospedale hanno preso a cuore il caso e si caricano di un lavoro extra per accudirlo, supportati, in alcuni frangenti anche dai volontari della comunità di Sant’Egidio.